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Pasolini, l’oralità, la neve

«La bocca del resto è anch’essa una cavità, uno spazio che accoglie», in grado di conservare le sedimentazioni delle parole fino al momento in cui erano puramente vocali. Questa capacità di contenere passato arcaico e presente è esemplificata nel racconto di Ninetto che per la prima volta in vita sua vede la neve, avvenimento in cui la vocalità arcaica riemerge nelle modalità di una danza rituale…..

Così Marialaura Chiacchiararelli, nella sua tesi di dottorato che sta elaborando per discuterla in primavera, su alcuni aspetti sacrali, rituali e mitici dell’opera di Pasolini, in particolare teatro (anche quello poco conosciuto del periodo friulano) e nel cinema (Porcile). Il titolo è suggestivo: Gli abissi del tempo, gli abissi dell’anima. Mito e rito in Pasolini. Con tutto l’affetto degli amici di Tor Vergata un grande abbraccio a Marialaura (per quello che sappiamo!) e a sua figlia Francesca. La citazione seguente si trova nel Meridiano Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, Dal Laboratorio.

Non appena percepisce l’avvenimento mai visto, quello sciogliersi del cielo sulla sua testa, non conoscendo ostacoli di buona educazione alla manifestazione dei propri sentimenti, si abbandona a una gioia priva di ogni pudore. Che ha due fasi, rapidissime: prima è una specie di danza, con delle cesure ritmiche ben precise (mi vengono in mente i Denka, che battono il terreno col tallone, e che, a loro volta mi avevano fatto venire in mente le danze greche come si immaginano leggendo i versi dei poeti). Lo fa appena, l’accenna, quel ritmo che percuote la terra coi talloni, muovendosi su e giù sulle ginocchia. La seconda fase è orale: consiste in un grido di gioia orgiastico-infantile che accompagna le acmi e le cesure di quel ritmo: «Hè-eh, hè-he, heeeeeeeh». Insomma un grido che non ha un corrispettivo grafico.

 

Commenta Marialaura:

Un grido capace di riprodurre la ‘continuità metastorica’ della lingua puramente orale, di rievocare «in un continuo senza interruzione», il Ninetto contemporaneo, che in un paese dell’Abruzzo si entusiasma allo sciogliersi del cielo sulla sua testa, al Ninetto della Calabria, l’area marginale da cui provengono i suoi antenati, una terra che ha conservato la memoria della passata civiltà greca, fino al Ninetto barbarico, pre-greco, che percuote la terra ritmicamente allo stesso modo dei Denka durante l’esecuzione di danze tribali.

La reazione di Ninetto che vede per la prima volta la neve dimostra concretamente cosa intende dire Pasolini quando afferma che «nessun “substrato” orale va perduto», o che «niente in noi va distrutto e tutto coesiste»: la “lingua orale” può essere considerata come un archetipo, un contenitore di segni fonici sedimentati nell’inconscio, che l’uomo contemporaneo è ancora capace di rievocare.

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