Ma come, dio mio, come poter resistere a quei tramonti?

Testori e Morlotti: “Variazioni sopra un canto”

Al ritorno dalla splendida mostra di Ravenna (Miseria e splendore della carne. Testori e la grande pittura europea) rileggo quanto Testori scrisse nel 1991 su Le bagnanti di Morlotti. Testori si chiede come poter resistere a quei tramonti. E io mi chiedo come poter resistere a queste parole che svelano le cose, a questa dolcezza che tutto invade.

Forse una speranza troppo carnale e, insieme, troppo totale ci sorreggeva e ci spingeva; quasi la vita non avesse dovuto finir mai. Tuttavia, sapevamo, e sapevamo assai bene, che essa era così violentemente bella proprio perché tratteneva già in sé il suo finire; già allora, infatti, ogni volta essa finiva; come la luce, quando il giorno s’accomiata e dice addio; o quando, al sopraggiungere dell’alba, là, nel cielo, una a una, le stelle si spengono. […] Forse finiva con un malcelato singhiozzo; era, mi credo, il terribile sacrificale “magone” che prende, qui, alla gola i lombardi; e che, a quel punto, non riusciva più a tenersi ed, ecco, “scioppava”… Al traghetto, che legava una riva all’altra, si scendeva dalla cascina in cui Morlotti aveva posto studio. […] Ma come, dio mio, come resistere a quei tramonti d’allora? E come resistere, adesso, e qui, reso debole e debile, come sono, dagli anni e da tutto il resto, al tuo riproporli, Ennio, in questo nuovo ciclo così sublimemente immerso ed emerso, puro e impuro, e al tuo riproporli con così totale e sublime proditorietà e vigliaccheria?

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