A don Giacomo, a due mesi dalla salita al Padre (19 aprile-19 giugno) e per i 42 anni di sacerdozio (27 giugno, 1970)

Brasile

Immenso Brasile

appeso al cuore

di un amuleto indio….

Porta felicidade

dice il sorriso della ragazza della bancarella.


La fortuna, la gratitudine, la moltitudine.

Penso a mio figlio, il più vicino

e a lei

la più lontana che non rivedrò mai più

nella luce dei tropici

nei sassi

astronomici sopra golfi di mato e spiagge sublimi.

Occhi di istante negli istanti del mondo

il disordine delle città

la quiete dei villaggi dei pescatori

moltitudinigenti,

mani che stringono altre mani.


Cerchi un ordine.

E l’abbraccio, l’affetto, il centro

appare in sogno, tu che i sogni non li ricordi mai.

L’immagine di Giotto. L’ultima cena. La prima.

L’origine, l’appartenenza, la certezza del perdono, la tenerezza del volto-sorriso,

(non guardare ai nostri peccati, ma alla fede di chi ci ha preceduto nei cieli).

“Ho ripassato le epoche della mia vita” da quella latitudine

da quella lontananza, in quel volto e in quel sorriso.

E il destino – dentro il male e la sofferenza – è una linea luminosa di gratitudine. ‘Dobbiamo passarla tutta la “valle di lacrime’ – ha detto Cina – ‘ma che lui ci aiuti, dall’alto, non è mai stato così tangibile”.

Sulla terra, scrive san Paolo, viviamo di fede e non della visione (faccia a faccia).

Eppure i miracoli avvengono per la grazia a sostegno della nostra fede.

Come sempre andando ad una festa ….

Ho cercato con ansia di ricordare le parole di Giacomo, la cui persona appare alla fine del sogno, accanto a me, in quel tavolo di cena.

Ma parole non ci sono. Un gesto, l’immagine di Giotto, Giovanni che cerca il petto del Maestro, e la Sua tenerezza concreta, di materia e forza.

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