Immenso Brasile
appeso al cuore
di un amuleto indio….
Porta felicidade
dice il sorriso della ragazza della bancarella.
La fortuna, la gratitudine, la moltitudine.
Penso a mio figlio, il più vicino
e a lei
la più lontana che non rivedrò mai più
nella luce dei tropici
nei sassi
astronomici sopra golfi di mato e spiagge sublimi.
Occhi di istante negli istanti del mondo
il disordine delle città
la quiete dei villaggi dei pescatori
moltitudinigenti,
mani che stringono altre mani.
Cerchi un ordine.
E l’abbraccio, l’affetto, il centro
appare in sogno, tu che i sogni non li ricordi mai.
L’immagine di Giotto. L’ultima cena. La prima.
L’origine, l’appartenenza, la certezza del perdono, la tenerezza del volto-sorriso,
(non guardare ai nostri peccati, ma alla fede di chi ci ha preceduto nei cieli).
“Ho ripassato le epoche della mia vita” da quella latitudine
da quella lontananza, in quel volto e in quel sorriso.
E il destino – dentro il male e la sofferenza – è una linea luminosa di gratitudine. ‘Dobbiamo passarla tutta la “valle di lacrime’ – ha detto Cina – ‘ma che lui ci aiuti, dall’alto, non è mai stato così tangibile”.
Sulla terra, scrive san Paolo, viviamo di fede e non della visione (faccia a faccia).
Eppure i miracoli avvengono per la grazia a sostegno della nostra fede.
Come sempre andando ad una festa ….
Ho cercato con ansia di ricordare le parole di Giacomo, la cui persona appare alla fine del sogno, accanto a me, in quel tavolo di cena.
Ma parole non ci sono. Un gesto, l’immagine di Giotto, Giovanni che cerca il petto del Maestro, e la Sua tenerezza concreta, di materia e forza.
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