Con le parole degli altri, ritratto a cento anni dalla nascita

In limine-Guido Morselli

La (vera) letteratura è cognizione della realtà attraverso una esperienza individuale pagata spesso con dolore e fatica.

Mi piace l’intelligenza autonoma. Autonoma anche dall’attualità della cultura.

La rivista “In limine”  dedica un numero speciale a Guido Morselli, a cura di Alessandro Gaudio e Fabio Pierangeli. Esce esattamente nel giorno della nascita dello scrittore, il 15 agosto di cento anni fa. La trovate, a ferragosto su http://www.nuovacultura.net/ojs/index.php/in_limine.

Per l’indice vedi http://www.lidiasirianni.com/730/in-limine-guido-morselli

Sono un riepilogo degli uomini, amava dire di sé Guido Morselli, splendido autore“postumo” di  cui il 15 agosto ricorre il centenario dalla nascita. Dalla saggistica, al teatro (ancora inedito), al giornalismo militante, alla narrativa breve a quella maggiore (8 romanzi, dal secondo dopoguerra al 1973. Dramma Borghese, Il comunista, Roma senza papa, Contro passato-prossimo, Dissipatio H.G., i titoli più emblematici), la critica unanime ha rilevato il talento camaleontico, capace di attraversare i generi letterari e i di riferirsi alle fonti più svariate, anche non letterarie.

“Genio segreto”, secondo la definizione degli animatori delle manifestazioni morselliane a Varese (Silvio Raffo e Linda Terziroli), perché la sua opera, rifiutata da grandi editori italiani, è sostanzialmente postuma, uscita un anno dopo dalla morte, dal 1974 in poi, per la luminosa cura di Valentina Fortichiari presso l’editore Adelphi, ma anche per la sua capacità di ricercare profondamente (a volte tragicamente), il significato dell’esistenza, tormentata dall’evidenza del male. A settembre uscirà un altro numero dedicato a Morseli dalla rivista Sudium sugli aspetti religiosi (ne riparleremo) e la raccolta di scritti giornalistici curati per la Bietti editore da Linda Terziroli e Alessandro Gaudio, Una rivolta e altri scritti.

Riporto qui di seguito, dal mio editoriale su In Limine, alcune frasi che Morselli sottolineava sui giornali, conservandoli in apposite cartelline, spesso riutilizzandole nei saggi o, trasfigurate, nell’opera creativa. Alcuni passaggi, con le parole degli altri, sembrano ritratti allo specchio, altre sono notazioni autografe, anche assai ironiche sull’evento culturale o la recensione che leggeva sulle varie testate:

La prima di Carlo Bo, attribuita a Soldati, (“Corriere della sera”, del 6 dicembre 1964):

Il rifiuto completo di quelle che sono le ragioni della moda. L’unico modo di essere autentico era proprio questo di non venir meno alle regole della sua educazione letteraria a costo di apparire ingenuo […] Uno scrittore che corre incontro a degli uomini in carne e ossa è uno spettacolo raro.

In un foglietto allegato all’articolo di Montale del 28 febbraio 1965 (recensione a Bloch-Michel, L’indicativo presente, Bompiani):

Bloch-Michel ha fiducia nel romanzo una forma che non potrà mai morire”. Caratteristica principale del romanzo – egli dice – è la facoltà di non averne nessuna perché può averle tutte.

Di romanzi, allora, come per Giovanni Arpino letto sulla “Stampa” del 17-10-1970: “

bisognerà farne più che discuterne”.

A margine  di questo articolo a “favore” del romanzo (non è un genere letterario è la letteratura stessa) appunta a matita:

interviene sulla realtà in un blocco fantastico che la superi e la rimuovi.

La seguente frase di Solzenìcyn è evidenziata perfino con una freccia rossa

non si vendono biglietti per il paese del passato

Dall’ articolo del 22 aprile 1972 dal “Corriere della sera”. Discorsi di mestiere, di Michele Prisco:

Solo che un altro e più capzioso sospetto affiora su questo punto: che il romanzo sia guardato con diffidenza e discredito da chi non vi crede più o, peggio, da chi non riesce a scriverlo.

E Moravia, conversando con  Montale, il 29 ottobre del 1967. Morselli sottolinea una frase poco moraviana!!!):

Io penso che lo scrittore non è in realtà che un mezzo o un tramite attraverso il quale qualche cosa che in fondo non lo riguarda si manifesta.

Sottolinea anche Luigi Santucci il 15 dello stesso mese e anno:

Il linguaggio sia un problema a sé, di cui si possa discutere astrattamente, non ha la minima idea di cosa sia lo scrivere e di quale sia la posizione mentale dello scrittore.

Appunta a margine al dialogo “filo diretto”, tra Brignetti e Prisco, del novembre 1967:

Tutte le critiche, a partire da quelle delle opposizioni sino a quelle delle avanguardie in letteratura sono necessarie perché sono uno stimolo.

Bellissima, nello stesso anno, il 17 dicembre, nell’articolo di Giovanni Grazzini, Farfalle nella notte, (sintesi autografa a penna: “Contro il prevalere della saggistica sulla narrazione), quando il noto articolista e critico cinematografico si intrattiene sulla solitudine degli artisti, tema particolarmente sentito da Morselli che sottolinea come questa non sia egoistica: “L’artista si integra spontaneamente nel mondo, senza bisogno di partecipare ai cocktails”. E’ un equivoco, aggiunge Grazzini, farsi mondano per capire il mondo. Sottolinea e indica ulteriormente con una freccia Morselli:

Quando invece la letteratura è cognizione della realtà attraverso una esperienza individuale pagata spesso con dolore e fatica.

Martedì 14 aprile, con un appunto a matita sotto il titolo, Morselli definisce “ottimo” l’articolo di Virgilio Lilli Cultura di moda. Ecco l’ incipit di Lilli:

Mi piace l’intelligenza autonoma. Autonoma anche dall’attualità della cultura. Mi piace l’intelligenza perfino svincolata dall’informazione. Mi danno fastidio le intelligenze nelle quali il primo ruolo è assegnato all’aggiornamento. La presenza troppo affiorante della cultura eccessivamente aggiornata toglie al talento l’attributo universale, lo trasferisce (e lo riduce) al particolare.

La moda culturale soffoca la originalità delle espressioni. Ecco le righe sottolineate da Morselli, nel punto in cui Lilli passa dall’arte figurativa ad altri generi, tra cui la narrativa, i quali :

Si risolvono anch’essi nella mera adesione alla cultura di moda e ai suoi standard.

Più avanti, sottolineato con una riga sul margine destro:

Scrittori anche eccellenti hanno rinunciato all’intelligenza come osservatorio individuale, per non ‘essere tagliati fuori dalla storia’ e cioè per il timore di non essere ‘culturalmente’ up date.

Una pagina del Diario, giustamente ripresa più volte dagli studiosi dagli appassionati di Morselli, si legge nella quarta di copertina di In limine. Ricordarla mi sembra il modo migliore per entrare nella personalità del “genio segreto”:

L’erudizione è un possesso statico, acquisito una volta per tutte, che una salda memoria basta a conservare. La cultura dell’individuo è sempre sul farsi, o non è. L’uomo colto non è chi sa, ma chi apprende. Un professore d’università che giudichi di saperne già abbastanza per tener lezione ai suoi allievi, o per compilare qualche articolo o relazione, e che dunque si esima dall’imparare ogni giorno qualcosa, dall’accrescere con la propria riflessione e meditazione ciò che sa, è più lontano dalla cultura di un operaio che frequenta la scuola serale.

Non basta. A differenza dell’erudizione, la cultura è un fatto non soltanto mentale. – E’ una qualità che attiene al carattere, che presuppone nell’individuo un certo atteggiamento. Si suol ripetere che la cultura genuina è, di norma, anche educazione dell’animo, e che ingentilisce i costumi, che eleva il sentimento. Questo è vero, sebbene sia un luogo comune.

[…]

Còlto – e non puramente erudito, quantunque “sappia”molte cose – è l’uomo che sente il dovere di alimentare il proprio spirito assiduamente, quotidianamente: e che adempie a questo dovere verso di sé con diligenza, con tenacia, quali che siano (e magari avverse, impropizie) le circostanze in cui si trova a vivere.

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