Per Patrizio e a tutti i suoi cari.

Ho raccontato la mia storia per ringraziare (le letture)

A ogni latitudine sono state invocate in mio favore le più diverse divinità […] Tuttavia queste protezioni che vengono dall’alto sono solo argini d’argilla, muri di sabbia, linee Maginot a confronto della piccola preghiera che mia figlia Céleste recita ogni sera al suo Signore prima di chiudere gli occhi. Poi ci addormentiamo pressappoco nello stesso momento, io mi imbarco per il regno dei sogni con questo meraviglioso viatico che mi protegge dai cattivi incontri

Ho raccontato la mia storia per ringraziare è il titolo dell’incontro che, con Luisa e Daniela, abbiamo tenuto il giorno 25 settembre nella Facoltà di Lettere di Roma Tor Vergata. E’ stato un momento bello, perfino commovente. Grazie di cuore a tutti.  Questo è il programma delle letture:

1) Con l’augurio di molte farfalle (a tutti noi, alla letteratura e a quello che la letteratura cerca)

S’arriva in un batter d’occhio all’immortalità dell’anima. Lo si può fare con qualsiasi libro. Quello che non si può fare con qualsiasi libro è ridere e piangere insieme e dire ogni volta che lo si legge: ‘Com’è bello! Come mi piace!’. Quando questo accade bisogna essergli grati tanto tanto.

Lo si può vivere come si vuole. Come un incubo, un sogno, una tempesta, un cocomero, la vita, la morte; va tutto bene perché è un mito. E come tutti i miti porta con sé un conflitto irrisolubile, sdisintricabile”.Quale? “Il più antico del mondo: che non si può essere felici. E queste sono cose che sbriciolano il cuore di bellezza (Roberto Benigni).

Jean-Dominique Bauby racconta la sua storia per ringraziare. E per dedicarla ai suoi figli, Théophile e Céleste. «Sono cose che sbriciolano il cuore di BELLEZZA».

Non deve essere stato facile. Dentro lo scafandro. Lo scafandro e la farfalla, titola il suo libro, edito da Ponte alle Grazie. Fino a quarantacinque anni, all’8 dicembre del 1995, è uno stimato giornalista, poi la grave malattia. Con il tronco celebrale non funzionante, resta bloccato all’interno di se stesso, con la mente intatta e «i battiti della palpebra come unico mezzo di comunicazione». E di questi battiti si serve, Jean-Dominique Bauby, per raccontare la sua storia:

“Lo scafandro si fa meno opprimente, e il pensiero può vagabondare come una farfalla. C’è tanto da fare, e il pensiero può vagabondare come una farfalla. C’è tanto da fare. Si può volare nello spazio e nel tempo, partire per la Terra del Fuoco o per la corte di re Mida”..

Il pensiero può errare, come nel Vagabondo delle stelle, fortunato romanzo del 1915 di Jack London,vivendo altre identità, su e giù per la storia e la letteratura.

In entrambi i diversissimi libri, entrare nella fantasia dei racconti sostituisce la corporalità imprigionata. In London, si apprezza il trionfo del condannato, nettamente superiore ai suoi  barbari aguzzini, incapaci di rubarne il sorriso e la resistenza. In Bauby, nel silenzio toccante di una tremenda malattia, la realtà, la verità, la flebile voce senza voce capace di dire, almeno in alcuni momenti, grazie.

A ogni latitudine sono state invocate in mio favore le più diverse divinità […] Tuttavia queste protezioni che vengono dall’alto sono solo argini d’argilla, muri di sabbia, linee Maginot a confronto della piccola preghiera che mia figlia Céleste recita ogni sera al suo Signore prima di chiudere gli occhi. Poi ci addormentiamo pressappoco nello stesso momento, io mi imbarco per il regno dei sogni con questo meraviglioso viatico che mi protegge dai cattivi incontri.”

«Per Théophile e Céleste con l’augurio di molte farfalle», la dedica di questo libro, da questo libro, a Francesco e a tutti i bambini del mondo (da In attesa della festa, Universitalia editore).

1) In bicicletta (per ringraziare la vita, i genitori, la famiglia letture da Erri De Luca, Fabio Pierangeli, A piedi, in bicicletta, Drago edizioni)


2) Il faro del tempo (per ringraziare chi ci ha preceduto nei cieli, in particolare Luigi, Patrizio, Tommaso, Giacomo, letture da Occhi, occhiali e Paradiso, Nuova Cultura editore)

“Questo libro ha un suo mistero. E’ un libro riservato, che nasconde qualcosa: c’è come un pudore del mistero ed è forse una delle chiavi del libro. Altra chiave è il motivo dello sguardo… Il motivo dello sguardo, dell’epifania, è un motivo splendido per uno scrittore … stupore e senso di apertura, questo fluire dei fatti e degli eventi.. E anche la Bellezza appare, la bellezza della vita, specialmente in quel lungo racconto in cui si parla di Luigi – di questa persona scomparsa – la cui vita semplice è poi in sostanza una vita esemplare, perché è uno che ha cercato di vedere e ha cercato di capire gli altri. Questa bellezza è segnata e inserita in questa epifania “La realtà ti scavalca sempre come le onde del mare”… il motivo del guardare. Gli occhiali, gli occhi. Gli occhiali per guardare il Paradiso, il portarsi gli occhiali in Paradiso (Introduzione di Emerico Giachery, a Occhi, occhiali e Paradiso).

Dopo vent’anni mi portano dove non vorrei, nei luoghi dove tutto è cominciato e dove tu rimani. C’è una sola esperienza che col tempo cresce mentre le altre più belle si allontanano. Non mi aspettavo da vecchio di stupirmi quando sto con te a mangiare o parliamo di tutto o ti vedo stare con gli amici più giovani o giocare nel cortile con un bambino. O giovinezza, non ti ho perduta…! Se qualcosa riaccade, oggi, se gli occhi che faticano a seguire le lettere, pure scorgono volti e gesti, se non è il ricordo a rendere amici, ma una cosa nuova e viva che sta accadendo ora, o giovinezza, non ti ho perduta…!( don Tommaso Latronico)

Forever young (Bob Dylan)

Possa Dio benedirti e proteggerti sempre

Possano tutti i tuoi desideri diventare realtà

Possa tu sempre fare qualcosa per gli altri

E lasciare che gli altri facciano qualcosa per te

Possa tu costruire una scala verso le stelle

E salirne ogni gradino

Possa tu restare per sempre giovane

Per sempre giovane per sempre giovane

Possa tu restare per sempre giovane

Possa tu crescere per essere giusto

Possa tu crescere per essere sincero

Possa tu conoscere sempre la verità

E vedere le luci che ti circondano

Possa tu essere sempre coraggioso

Stare eretto e forte

E possa tu restare per sempre giovane

Per sempre giovane per sempre giovane

Possa tu restare per sempre giovane

Possano le tue mani essere sempre occupate

Possa il tuo piede essere sempre svelto

Possa tu avere delle forti fondamenta

Quando i venti del cambiamento soffiano

Possa il tuo cuore essere sempre gioioso

Possa la tua canzone essere sempre cantata

Possa tu restare per sempre giovane

Per sempre giovane per sempre giovane

Possa tu restare per sempre giovane

3) Per ringraziare tutti gli amici dell’università, per gli incontri e la commozione.


Ci unisce ciò che, con Boine, Andrea Gareffi  ha definito “letteratura come ferita”, quella di cui parla Daniela nell’introdurre In attesa della festa: “L’arte è questa ferita che si cicatrizza e si riapre continuamente, senza sosta”. Il momento più commovente, e doloroso, che abbiamo vissuto insieme in questi anni di Tor Vergata, è stato il dover assistere alla dipartita del caro amico Patrizio Barbaro (proprio oggi, 29 settembre, ricorre l’anniversario della sua salita in cielo, del 1999). Regista e giornalista aveva portato la Rai a Tor Vergata, per filmare gli incontri con gli scrittori. Le parole di Andrea Gareffi, in memoria dell’amico prematuramente scomparso, rievocano quella ferita profonda che attraversa e oltrepassa la letteratura. Le riporto con gratitudine e una stretta al cuore. Si leggono nel libro di Patrizio Barbaro Sperdutezza.

Sono molte le cose che ci aveva dato Patrizio Barbaro. A lui ora non potremo restituire più nulla. L’eleganza delicata, nella pagina come nella vita; la affabile cultura di chi trova il senso vero; la discussione sorridente, come quando si fa sul serio, sembravano già qualcosa di prezioso. […] Non immaginavamo che ci avrebbe lasciato qualcosa di ancora più prezioso. Patrizio ha ammaestrato il dolore, quel dolore che era il suo ed era sempre più grande, quel dolore che gli toglieva la vita. […] Qualcuno in quei giorni di settembre aspettava il miracolo. Ma il miracolo era già lì, sopra di lui: in quel mostro che lo ghermiva e che lui ammaestrava. Come si fa con un visitatore di molta importanza, gli apriva le porte. E quel mostro assassino non sembrava più un mostro […] Uomini come Patrizio non hanno bisogno di libri per sapere, qui sulla terra, che cosa fosse necessario là, nell’oltretempo. Esserci arrivato troppo presto è forse un segno di predilezione. Esserci andato con delicatezza, affabilità e nonostante tutto sorridendo, lo è senz’altro.

Ecco quello che ci unisce, lo sguardo di Patrizio. Incipit Vita Nova. Ancora lo sguardo, il tema del guardare.

L’occhio guarda per questo è fondamentale. È l’unico che può accorgersi della bellezza.


La visione può essere simmetrica, lineare o parallela, in perfetto allineamento con l’orizzonte. Ma può essere anche asimmetrica, sghemba, capricciosa, non importa, perché la bellezza può passare per le più strane vie anche quelle codificate dal senso comune. E dunque la bellezza si vede perché è viva e quindi reale. Diciamo meglio che può capitare di vederla dipende da dove si svela. Ma che certe volte si sveli, non c’è dubbio (Patrizio Barbaro).

«E se io ridevo così forte, è perché avevo la sensazione, per quanto oscura, del dissidio fra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, fra ciò che si prostra sotto un fardello e ciò che ce lo fa sentire troppo grave» (Carlo Michelstaedter).

Una delle vie percorribili consisterebbe nel trovare un luogo dove sia possibile non avvertire lo schiacciamento della forza di gravità e il peso delle imposizioni della “comunella dei malvagi”: «Chi vuol aver un attimo solo sua la sua vita, esser un attimo solo persuaso di ciò che fa – deve impossessarsi del presente; vedere ogni presente come l’ultimo, come se fosse certa dopo la morte: e nell’oscurità crearsi da sé la vita». «Dove per altri è oscurità per lui è luce, poiché il cerchio del suo orizzonte è più vasto – dove per gli altri è mistero e impotenza – egli ha la potenza e vede chiaro».

Come è mirabile il desiderio intransigente e l’aspirazione all’assoluto di Carlo Michelstaedter, e come egualmente mirabile, nell’umiltà, la testimonianza di qualcuno. Patrizio lo è stato per Andrea e per me, capace, in una gioiosa umiltà, di stendere la mano, di perdonare e chiedere perdono:

“Sperdutezza” è parola di Giovanni Testori coniata per descrivere quegli attimi in cui l’uomo lascia fare ad un Altro la sua vita. Come un bambino che riposa in braccio  sua madre, l’abbandonarsi ad un’altra forza che compie e realizza quello che l’uomo desidera (Paolo Mattei).

La vita finisce dove comincia”, ha scritto Pasolini. È una speranza. La vita comincia quando vi irrompe una novità bella e felice, una cosa imprevedibile e inaspettata. Allora la vita comincia nuova e tutto quello che c’era prima diventa subito irrimediabilmente vecchio, passato, nostalgia. Finisce. Ecco perché la vita finisce dove comincia. È un augurio che la vita cominci. Che accada un inizio (Patrizio Barbaro)

4) Proiezione del racconto filmato di Patrizio Barbaro La Roma di Pasolini, prodotto dalla RAI.

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