L’arte e la musica, la vita

The winter’s tale

Musica, svegliala! Avanti, suona!  (Musica all’interno) (A Ermione) È l’ora, scendi, non esser più marmo! Avvicìnati, invadi di stupore tutti costoro che son qui a guardarti! Vieni, colmerò io della tua tomba)  il vuoto. Muoviti, su, vieni avanti!  Lascia la tua rigidità alla morte, perché da lei ti scioglie e ti redime la dolce vita… Ecco, ella si muove.

Tra le opere tarde di Shakespeare, Il racconto d’inverno, tra dramma e commedia, nell’atmosfera del perdono sulla cattiveria, della innocenza testarda contro il potere, si chiude nella gioia, con la sorpresa finale. La statua della regina, da tutti creduta morta sedici anni prima, lascia il vuoto del marmo e rinasce davanti agli occhi meravigliati dello sposo che l’aveva duramente accusata di adulterio. (In realtà Paolina ha tenuto in segreto presso di se Ermione):

Paolina Com’ella in vita non ebbe l’eguale,
così l’immagine di lei, da morta,
sovrasta in perfezione ogni altra cosa
che abbiate contemplato fino ad oggi,
o che da mano d’uomo sia eseguita;
perciò l’ho custodita sola, a parte.
Ma essa è qui. Preparatevi tutti
a vedere la vita riprodotta
con una tal fedele perfezione,
quale mai fece il sonno con la morte.
Guardate, e dite se non è così. 132
(Tira una cortina e scopre Ermione ritta in piedi e immobile come una statua)
Questo vostro silenzio
prova di più la vostra meraviglia.
Ne son contenta. Tuttavia parlate.

Voi per primo, signore. È somigliante?

LEONTE – Il suo atteggiamento naturale!

Sgridami cara pietra,

ch’io possa dir che sei davvero Ermione;

o forse no, tu sei davvero lei

proprio perché di muovermi rimprovero

non sei capace: ché tu eri dolce

come l’infanzia e la grazia innocente.

Però non era Ermione sì rugosa

né sì avanti cogli anni, Paolina,

come qui appare.

POLISSENE – No, sicuramente!

PAOLINA – Tanto maggiore è dunque la maestria

dell’artista, nell’essere riuscito

a mostrare che più di sedici anni

son trascorsi e a ritrarla qual sarebbe

oggi, se fosse viva.

LEONTE – Oh, fosse viva!

Mi sarebbe di tanto più conforto

per quanto adesso mi trafigge l’anima!

Oh, sì, così ella stava, nella stessa posa

che traspar da questo freddo marmo,

quand’io la corteggiai la prima volta.

E ne provo vergogna!

Non mi rinfaccia forse questa pietra

d’esser stato più pietra di lei?

Opera eccelsa! Nella tua maestà

c’è una magia che mi risveglia dentro

il ricordo di quanto male ho fatto;

e che sospende ogni alito di vita

in questa tua stupefatta figliola,

rendendola di pietra, come te.

PERDITA – E lasciate ch’io m’inginocchi a lei,

senza accusarmi di superstizione!

(174)

Signora, mia regina,

che ti spegnesti dandomi alla luce,

ch’io ti baci la mano…

PAOLINA – (Fermandola)

Oh, no, aspettate!

La statua è da poco terminata,

e il colore non è ancor bene asciutto.

CAMILLO – Troppo profondo, sire, questo duolo

si dev’essere radicato in voi,

se non sono bastati, a dissiparlo,

sedici lunghi inverni,

ed altrettante estati a prosciugarlo;

giammai dolore fu a svanir sì tardo,

come mai gioia persisté sì a lungo.

POLISSENE – (A Leonte)

E a chi di quel dolore fu la causa,

fratello mio, concedi di strappare

da te una parte per giungerla al suo.

PAOLINA – Se avessi immaginato, mio signore,

che mirar questa mia povera immagine

– poiché la statua è mia –

vi provocasse un tale turbamento,

mi sarei ben guardata dal mostrarvela…

(Fa per far tirare la cortina che copre la statua)

LEONTE – No, te ne prego, non me la nascondere.

PAOLINA – E voi cessate allora di fissarla

in quel modo, perché la vostra mente

non abbia a illudersi ch’ella si muova.

LEONTE – Ecco, ecco!… Ch’io cada qui stecchito,

se non mi sembra… Oh, ma che cos’era

colui che l’ha scolpita?… Ecco, guardate:

non sembra pure a voi ch’ella respiri?

E che sia vero sangue in quelle vene?

POLISSENE – Un’opera davvero magistrale!

Su quel suo labbro sembra palpitare

calda, la stessa vita…

LEONTE – E nel suo occhio,

pur nella fissità, c’è movimento!

Come l’arte ci può ingannare i sensi!

PAOLINA – Sarà meglio ch’io tiri la cortina.

Il mio signore è talmente rapito,

che per poco non pensi che sia viva.

LEONTE – Ah, fammelo pensare, Paolina,

ancora per vent’anni tutti in fila!

Non c’è beatitudine di sensi

che eguaglia il godimento di quest’estasi.

Lasciala star così.

PAOLINA – Mi spiace, sire,

d’avervi dato un tale turbamento,

ma potrei darvene ancora di più.

LEONTE – Fallo, Paolina! Questa commozione

ha più dolce sapore pel mio cuore

di qualsiasi conforto… Eppure, eppure…

ho sempre l’impressione che da lei

spiri davvero un alito di vita…

Quale scalpello, per quanto eccellente,

ha mai scolpito un alito di vita?…

Nessun si burli di me: io la bacio.

PAOLINA – No, no, fermatevi, mio buon signore!

il rosso delle labbra è ancora fresco:

se lo baciate, lo rovinerete;

eppoi vi sporcherete anche le vostre

con l’olio di pittura.

Posso allora tirare la cortina?

LEONTE – No, per altri vent’anni!

PERDITA – Ed altrettanti

anch’io vorrei restare ad ammirarla.

PAOLINA – Ed ora, o desistete dal guardare,

e uscite subito dalla cappella,

o preparatevi a stupir di più.

Se vi sentite di reggere a tanto,

io farò sì che la statua si muova

davvero e scenda, e vi prenda per mano;

tanto da farvi credere

(cosa però che fin d’ora vi nego)

ch’io sia assistita da poteri occulti.

LEONTE – Qualunque cosa le facciate fare,

son disposto a vederlo; ad ascoltare

tutto ciò che potrete farle dire;

perché farla parlare

sarà facile come farla muovere.

PAOLINA – Quello ch’è necessario, in questo istante,

è che teniate accesa in voi la fede.

E adesso tutti fermi: e se qualcuno

pensa che sia una pratica illecita

ciò che m’appresto a fare, se ne vada.

LEONTE – Non se ne andrà nessuno. Via, procedi!

PAOLINA – Musica, svegliala! Avanti, suona!

(Musica all’interno)

(A Ermione)

È l’ora, scendi, non esser più marmo!

Avvicìnati, invadi di stupore

tutti costoro che son qui a guardarti!

Vieni, colmerò io della tua tomba

(176)

il vuoto. Muoviti, su, vieni avanti!

Lascia la tua rigidità alla morte,

perché da lei ti scioglie e ti redime

la dolce vita… Ecco, ella si muove.

(ERMIONE scende lentamente dal piedistallo e avanza verso Leonte)

Non trasalite: tutto quel che fa

è sacrosanto, così come è lecito

l’esorcismo che avete da me udito.

(177)

(A Leonte)

Ora non vi staccate più da lei,

se prima non l’avrete vista morta

un’altra volta. Datele la mano,

avanti, su! Eravate ben voi

a corteggiarla quand’ella era giovane;

ed ora ch’è in età,

volete che sia lei a cominciare?

LEONTE – (Prendendo la mano di Ermione)

Oh, oh, ma è calda!… Se questa è magia,

diventi la magia pratica lecita

per gli uomini, come il mangiare e il bere.

POLISSENE – Ecco, lo abbraccia…

CAMILLO – Gli si stringe al collo…

(A Paolina)

Se ha vita, fa’ che parli.

POLISSENE – E ci dica ove visse fino ad oggi,

e come è stata ritolta alla morte.

PAOLINA – Se mai fosse da voi venuto alcuno

a raccontarvi che Ermione era viva,

voi l’avreste a gran voce canzonato

come uno che volesse darvi a bere

come nuova una favola bacucca:

ma ella è viva, viva veramente,

anche se ancor non profferisce verbo.

Aspettate un momento e state attenti.

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