Io vivo così! In questo stupore! E non voglio sapere mai nulla!

Si vota: tutti promettono un nuovo inizio

Il teatro(della politica:) ma io lo detesto il teatro, così come è fatto: trucco, mania o speculazione. Mi voglio conservare gli occhi nuovi, io, ha capito? E sto con la natura. Mi guardo da ogni intimità, come dalla peste. Non voglio disillusioni. Voglio che anche gli altri mi restino nuovi. Tutto nuovo. Il bello per me è l’improvviso… ciò che non par vero… le sorprese continue che vengono… Se considero una cosa da vicino e sto a pensarci, addio! Vivere in società? domandare perché uno ha detto o fatto una tal cosa? È da crepare. Io voglio restare estraneo: estraneo. E nossignori, il gusto di tenermi qua a suffumigio, a bagnomaria, a ballare soffocato su una pentola che bolle.

Dedico ai politici italiani questo brano di Eli l’amante del mare della commedia di Pirandello Trovarsi. La parentesi è ovviamente un anacronismo, una mia aggiunta, nel constatare, in volti vecchi e nuovi, in slogan vecchi e nuovi, le facili promesse del cambiamento. Un “nuovo inizio”, come nel cartellone pubblicitario di un autorevole candidato .

Nel testo l’ibseniano Eli, non per nulla di origine svedese, chiaro riferimento agli autori scandinavi, trascina per il mare e dentro la bufera d’amore la grande attrice Donata Genzi, in crisi profonda perché ha vissuto, nel teatro, mille vite, ma non la sua. Deve appunto “trovarsi”, scoperto in Eli, finalmente, il grande amore, qualcosa di suo. Non gli sarà facile, davanti agli specchi di tante smagliature, alle tante elucubrazioni borghesi sull’identità (quelle del Pirandello mal digerito da Testori che invece prediligeva i Sei personaggi, con Amleto considerato il testo più alto del teatro moderno). A questa problematicità, Eli risponde con il fascino del nuovo, tutto esteriore,  la buccia, l’onda del mare. Prevede un fin troppo facile (per chi ha i mezzi) fuga dalla società, vero l’avventura, l’ignoto. Due posizioni che dovrebbero amalgamarsi e che invece, alla fine, correranno strade opposte. C’è in giro un DVD della storica (e un po’ datata) messa in scena di De Lullo, con Rosella Falck e Ugo Pagliai, e in teatro da qualche parte della penisola una bella riproposta (credo l’unica dopo Abba e Falck) con Mascia Musy il bravissimo Angelo Campolo, una delle miei allieve della prima ora, anche lei bravissima,Monia Alfieri,. Cito un altro affascinante brano di Eli: purtroppo lascia il tempo che trova, come le promesse elettorali, (trucco, mania o speculazione).

Dipingo male – grazie – lo so; ma perché non è facile, sai, dipingere come vorrei io… le cose come appajono in certi momenti… lo scoppio, lo scompiglio di tutti gli aspetti consueti che hanno ridotto la vita, la natura, oh Dio, come una moneta logora, senza più valore. Io non capisco: è come volersi umiliare… subire… Il solito cielo che t’ammicca con le solite stelle, sulle solite case che ti sbadigliano con le solite finestre, e tu che vai sul solito lastricato delle solite strade… Ah, che soffocazione! Ti sarà avvenuto qualche volta – non sai come – non sai perché – di vedere all’improvviso la vita, le cose, con occhi nuovi… – palpita tutto, a fiati di luce – e tu, sollevata in quel momento e con l’anima tutta spalancata in un senso di straordinario stupore… – Io vivo così! In questo stupore! E non voglio sapere mai nulla! – Tu, ecco, sei per me uno stupore, come mi sei apparsa, come ti sei gettata nel pericolo con me, come t’ho salvata, come sei ora qua mia … tutta, tutta uno stupore… la tua bellezza… codesti occhi, come mi guardano

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