La parola e gli attori.

Il Maestro (senza nome) di Manfridi

Da ultimo sopraggiungerà anche il personaggio che, in qualche modo, dà titolo alla storia. Diciamo l’uomo. Pure di lui non si sa il nome. Si sa solo chi è. Le battute dei quattro personaggi vengono specificate da simboli […] Questo perché le cose dette mantengano anche a colpo d’occhio tutta la loro superiorità su chi le dice.

Citazione dalla didascalia iniziale de Il Maestro di Giuseppe Manfridi. Il maestro non ha nome, tre vecchi allievi, più o meno intellettuali, da lui affascinati a suo tempo, lo attendono. Un’altra “cena” (vedi post precedente su La cena) delle sorprese, dove l’eccesso è spasmodico quanto l’attesa. Senza nome.

Manfridi non finisce di stupire. Ho appena letto due testi bellissimi e diversissimi: Nel vuoto (fischi nel silenzio delle montagne, un carcere lassù in alto nella neve, gabbiani) e Corale dell’attesa, agli antipodi stilistici, nella plebaglia tra Giuda e Cristo, giudicato dallo storico del teatro Giovanni Antonucci tra i suoi testi migliori. Ne riparlerò, ma ora urge andare a teatro, per il terzo atto del Teatro dell’Eccesso. Perché è lì, nella regia, nel corpo degli attori, nelle condizioni di una sera, nella voce stanca o esaltata che il testo, la lingua gioca la sua efficacia, come la citazione indica: “a colpo d’occhio”. Quindi il linguaggio, la parola oltre i personaggi, certo, ma nelle assi del teatro, legno o cera lacca, pulviscolo, movimento di regia e spasimo.  Il maestro è un testo perfetto dal punto di vista della drammaturgia, in quella capacità tipica di Manfridi di attaccare alla sedia, con la suspense e la risata, qui anche con la crudeltà (ma non dimentichiamo che il tema è profondissimo, ci sono ancora maestri, si può esserlo con la violenza o il non senso isterico di oggi ?), in quelle sue tipiche, minuziose descrizioni capaci di tramutarsi in gioco teatrale (rarissimo) e in una sorpresa finale. E’ anche però una prova difficile d’attore protagonista, in forza di quel virtuosismo del linguaggio da piegare alla fisicità. Angelo De Angelis, con le indicazione lucide di Claudio Boccaccini, vince la sfida, assalendo le parole vorticosamente, creando all’inizio un corto circuito che permette, con gli spettatori più assuefatti alla “mitraglia”, con le pause giuste, interminabili rispetto a quella sapiente verbosità, di toccare un diapason di meraviglia e orrore di fronte ad un presunto (efferato) delitto, di cui conta, in modo agghiacciante e disinvolto il racconto! Altrettanto bravi i tre attori ed ex studenti, la cui mimica, a confronto con le gelide, precise, inopinabili parole del maestro, sfiora il ridicolo, la vergogna, l’inettitudine. Ancora una volta li ha sedotti e non possono essere alla sua altezza. Ma di quale seduzione stiamo parlando? La follia, la teoria, la verità al fondo di noi stessi, la logica illogica tra il dire e il fare?

Ecco il programma:

COLOSSEO   NUOVO   TEATRO

Roma – via Capo d’Africa 29/a  –  tel. 06 700 49 32 / 339 12 92 643

DAL   29  GENNAIO  AL  10  FEBBRAIO 2013

IL MAESTRO

di Giuseppe Manfridi Regia di Claudio Boccaccini

con

Angelo De Angelis (il Maestro)

Andrea Pirolli (Marco)

Giuseppe Russo (l’Altro)

Alioscia Viccaro (Luca )

Di sera, in un’afa colma di zanzare, tre giovani ex compagni di classe si rincontrano con un loro antico professore che chiamano Maestro. Ognuno dei tre gli deve molto, o forse è lui ad aver succhiato per anni energie e sangue dai propri allievi. Fatto sta che costui si presenterà all’appuntamento con un polsino della camicia macchiato di sangue vero. “Non è sangue mio”, proclama lui. Di qui una storia percorsa da un brivido ininterrotto.

Spettacoli dal martedì al sabato ore 21 – domenica ore 17.30

DETTAGLI, PREZZI E PROMOZIONI SU   www.ilteatrodelleccesso.it

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