Gioco al buio di Manfridi al Teatro Colosseo di Roma:Stare dall’altra parte. Godersela.

E’ così noioso tutto ciò che non avviene

ADELE- O la staniamo noi o ci stana lei. Attraente. Molto. Dio la benedica. Qualcosa che avviene. E’ così noioso tutto ciò che non avviene. Apriamo gli occhi al mattino, pensateci, e cos’altro ci aspetta se non soprattutto ciò che non avverrà? Quello che vorremmo e non ci sarà dato. Brame negate.

Gran finale del Teatro dell’eccesso che ha portato, con grande successo di pubblico, cinque diversi testi di Giuseppe Manfridi, allestiti da Claudio Boccaccini, al Teatro Colosseo per un mese.

Si recita ancora per tutta la settimana Gioco al buio, con la pomeridiana di domenica 24 a cui seguirà, la stessa sera, un’altra replica della Supplente, con la presentazione del volume che raccoglie i due monologhi rappresentati nell’ambito del Teatro dell’eccesso: appunto La supplente e Il fazzoletto di Dostoevskij.

Gioco al buio, da cui è tratta la citazione, in un crescendo di vanità e vuoto, trafitto da quella cieca voglia di vivere che strazia la poesia (qualcosa che avviene e la noia della insoddisfazione perenne, qui a volte quasi bestiale e insulsa, perché priva di ragionevolezza) rappresenta benissimo lo slogan della manifestazione: E’ in piena suspense che la risata ha un senso!: Un meccanismo e una regia perfetta, perfino sorprendente, uno spettacolo godibilissimo, ma che lascia dei forti graffi sulla pelle, il segno di quei coltelli il cui bagliore si insinua nel gioco di quattro personaggi, con un quinto atteso e lontano, nel quale si sublimano nevrosi e desideri, confondendo, coscientemente e non, finzione e realtà, come nel teatro, dentro al teatro, con specchi ora deformanti ora reali. Straordinaria la prova di Silvia Brogi-Adele, quasi a creare una opposta tensione a quella della Supplente, a partire da una stessa fragilità, qui vestita di abiti seduttivi e a tratti nevrotici. Ma bravi tutti gli attori e particolarmente intensa la regia di Boccaccini nella riuscita valorizzazione al massimo grado di un testo nel quale ogni ingranaggio deve funzionare al meglio per donare al pubblico quella compattezza, quella sincronia dei tempi capace di sciogliersi nell’acuto finale, tra sangue, stupore e farsa.

Continua il brano succitato, tra suntuosa intelligenza e pantano del vizio costruito sulla noia, propriamente, secondo la definizione moraviana, tutto quello che non ci convince di esistere, di essere:

Quello che vorremmo e non ci sarà dato. Brame negate. Il mio utero consuma sempre … altro. Tesorino … sì, altro, rassegnati. La realtà è farcita di poco. Mentre l’irrealtà … l’oltremondo, oh …. è talmente più erotico. Perché non sono un medium? … Stare dall’altra parte. Godersela.

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