Una storia di personaggi indimenticabili, le cui azioni pongono al lettore domande cruciali sulla vita, la morte, sull’impegno sociale, che conferma Marco Baliani, il nostro più bravo attore narratore, anche tra i migliori scrittori con tre libri strepitosi e diversissimi (tutti Rizzoli): Nel regno di Acilia (2002), La meta di Sophia (2008), L’ccasione (2013).

L’occasione di Marco Baliani: è troppo tardi o il ritardo è necessario per gioire di un dono?

Prima di giungere alla scrittura racconto più volte, a voce, la storia, ad ascoltatori attenti. In questo modo, raccontandola, i personaggi, la trama, le azioni, diventano via via più concreti, a volte svelando percorsi non previsti (Marco Baliani, L’occcasione, Rizzoli, 2013).

E’ troppo tardi: un ritornello, quasi una profezia funesta, risuona lugubre nelle azioni di tutta una generazione, quella capace di bruciare ideali di rinnovamento e rivoluzione in atti di violenza. Dopo vent’anni, per una strana occasione-coincidenza francescana, ad Assisi, Marcella rivive quegli anni, coinvolgendo suo figlio, rivelandogli (è troppo tardi?) la verità sulla morte del padre. Il ragazzo, sconvolto, parte per ricercare volti e storie del tempo, nelle rughe del passato, per ricostruire l’episodio della rapina costata la vita al genitore. Sua madre, viceversa, da un altro capo del tempo, verso il futuro, si mette a cercare un giovane scomparso, distrutto dalla droga, isolato dai compagni. Il limite del tempo, il desiderio strappato, avvilito, stremato di assoluto, si svolge in dialoghi e esperienze non previste, senza sbavature morali, raccontando personaggi concreti, ombre e luci, carne di voce e teatro, veri fino alla commozione e alle domande radicali (il tema dell’aiuto alla morte nell’indimenticabile personaggio, sfuggente, solo evocato, del Monaco), in un teso e rabbioso confronto generazionale: tra coloro che hanno nutrito fino alla morte un ideale e i ragazzi dei quali si dice che di ideali non ne hanno più e si sballano continuamente per non cadere nel fango della noia.
Marcella, con dolore, guardando in faccia gli ultimi, alcuni angeli del soccorso, ragazzi disperati, dovrà ricredersi: ha imparato, dopo vent’anni, a guardare in faccia, uno per uno, i suoi studenti (è professoressa e il romanzo si apre con la gita ad Assisi e l’episodio scatenante di un frate che ripete le disperate parole di Ginepro: è troppo tardi, come rivivendole in una pazzia profetica dei nostri anni, di tutti i personaggi chiamati da Baliani a comporre la storia).
La forza narrativa, fino all’ultima pagina è sorprendente, come sorprendono i personaggi, gli amici del padre di Matteo, della generazione ormai inservibile e quelli del mondo dei miserabili e dei drogati, affermando, e sicuramente non è mai tardi, un valore positivo a cui aderiscono anche molti ex combattenti degli anni di piombo: il servizio agli altri, nelle forme di assistenza volontaria.
Su tutto il filo dell’attesa del miracolo, di un evento (chiamiamolo pure ideale) su cui si apre e si chiude il romanzo, con il volto di Francesco morente e Ginepro che desidera vederlo per l’ultima volta. Farà in tempo? Se su Ginepro siamo sicuri, non così sulla sorte di tutti gli altri personaggi mossi dalla eco delle parole antiche dell’amico del Santo di Assisi. Ma Baliani ha introdotto la parola risolutiva, da non scordare: dono e dal dono la riconoscenza e il perdono, prima di tutti di se stessi, della propria imperfezione:

Ginepro si ferma, cade in ginocchio, in quell’i stante sente che Francesco sta morendo, un sorriso di riconoscenza gli si disegna sul volto, comprende che non è più in ritardo, che non lo era mai stato. E’ quest’ultimo regalo che Francesco gli ha donato, un ritardo necessario per permettergli di assistere, lui, da solo, a quel miracolo.

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