Dal bel sito di Davide Malacaria, Piccole note

Ci ha com­mos­so la cor­ri­spon­den­za quasi let­te­ra­le tra que­ste pa­ro­le e quel­le ascol­ta­te tante volte da don Gia­co­mo Tan­tar­di­ni.

L’intervista di Francesco. Spunti.
di Lorenzo Biondi
L’in­ter­vi­sta di padre An­to­nio Spa­da­ro a papa Fran­ce­sco è stata ri­pre­sa, in­te­gral­men­te e in sin­te­si, in tutto il mondo: no­no­stan­te la lun­ghez­za, vale la pena di leg­ger­la da capo a fondo. Ci piace però iso­lar­ne al­cu­ni pas­sag­gi, senza la pre­te­sa che si trat­ti dei più belli o dei più im­por­tan­ti.

«Sono un pec­ca­to­re al quale il Si­gno­re ha guar­da­to».
Tutto nasce da uno sguar­do, quel­lo del Si­gno­re. Come nella vo­ca­zio­ne di Mat­teo, rac­con­ta­ta da Ca­ra­vag­gio a San Luigi dei Fran­ce­si. «Quel dito di Gesù così… verso Mat­teo – dice il papa –. Così sono io. Così mi sento. Come Mat­teo. (…) È il gesto di Mat­teo che mi col­pi­sce: af­fer­ra i suoi soldi, come a dire: “No, non me! No, que­sti soldi sono miei!”. Ecco, que­sto sono io: “Un pec­ca­to­re al quale il Si­gno­re ha ri­vol­to i suoi occhi”».
L’i­ni­zia­ti­va è sem­pre di un Altro. Quel­lo sguar­do, che la fede in­vo­ca nella pre­ghie­ra, ri­ma­ne sem­pre un gesto li­be­ro del Si­gno­re: «Si deve la­scia­re spa­zio al Si­gno­re, non alle no­stre cer­tez­ze». Padre Spa­da­ro chie­de al papa di com­men­ta­re la mas­si­ma dei ge­sui­ti se­con­do cui bi­so­gna «cer­ca­re e tro­va­re Dio in tutte le cose». E Fran­ce­sco ri­spon­de così: «Il ri­schio nel cer­ca­re e tro­va­re Dio in tutte le cose è la vo­lon­tà (…) di dire con cer­tez­za umana e ar­ro­gan­za: “Dio è qui”. Tro­ve­rem­mo so­la­men­te un dio a no­stra mi­su­ra. L’at­teg­gia­men­to cor­ret­to è quel­lo ago­sti­nia­no: cer­ca­re Dio per tro­var­lo, e tro­var­lo per cer­car­lo sem­pre. E spes­so si cerca a ten­to­ni, come si legge nella Bib­bia».
Se la fede nasce sem­pre da un in­con­tro, pro­se­gue il papa, è anche vero che non siamo noi a de­ci­de­re come e quan­do quel­l’in­con­tro può av­ve­ni­re: «Dio è sem­pre una sor­pre­sa, e dun­que non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fis­sa­re i tempi e i luo­ghi del­l’in­con­tro con Lui».
Ci ha com­mos­so la cor­ri­spon­den­za quasi let­te­ra­le tra que­ste pa­ro­le e quel­le ascol­ta­te tante volte da don Gia­co­mo Tan­tar­di­ni. Di fron­te all’«in­si­cu­rez­za in cui la vita cri­stia­na vive» – cer­ca­re Dio e non tro­var­lo, se lui non mi viene in­con­tro – l’uo­mo è ten­ta­to di «fab­bri­car­si una cer­tez­za vana e non pia» (qui la ci­ta­zio­ne è da Eric Voe­ge­lin). «Que­sta cer­tez­za non pia si può espri­me­re con que­ste pa­ro­le: la pre­sen­za c’è sem­pre». È come quel prete che, in una poe­sia di Gior­gio Ca­pro­ni, grida: «Cri­sto è qui! È qui! / LUI! Qui fra noi! Ades­so! / Anche se non si vede! / Anche se non si sente!”». Escla­ma­re «Dio è qui» anche con­tro l’e­vi­den­za rende «re­pel­len­te» la voce di quel prete. «In­ve­ce la cer­tez­za pia è l’ab­ban­do­no del bam­bi­no. Per­ché il bam­bi­no è cer­tis­si­mo che la mamma c’è, quan­do pian­ge per­ché la mamma non è vi­ci­na».

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