L’intervista di Francesco. Spunti.
di Lorenzo Biondi
L’intervista di padre Antonio Spadaro a papa Francesco è stata ripresa, integralmente e in sintesi, in tutto il mondo: nonostante la lunghezza, vale la pena di leggerla da capo a fondo. Ci piace però isolarne alcuni passaggi, senza la pretesa che si tratti dei più belli o dei più importanti.
«Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato».
Tutto nasce da uno sguardo, quello del Signore. Come nella vocazione di Matteo, raccontata da Caravaggio a San Luigi dei Francesi. «Quel dito di Gesù così… verso Matteo – dice il papa –. Così sono io. Così mi sento. Come Matteo. (…) È il gesto di Matteo che mi colpisce: afferra i suoi soldi, come a dire: “No, non me! No, questi soldi sono miei!”. Ecco, questo sono io: “Un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi”».
L’iniziativa è sempre di un Altro. Quello sguardo, che la fede invoca nella preghiera, rimane sempre un gesto libero del Signore: «Si deve lasciare spazio al Signore, non alle nostre certezze». Padre Spadaro chiede al papa di commentare la massima dei gesuiti secondo cui bisogna «cercare e trovare Dio in tutte le cose». E Francesco risponde così: «Il rischio nel cercare e trovare Dio in tutte le cose è la volontà (…) di dire con certezza umana e arroganza: “Dio è qui”. Troveremmo solamente un dio a nostra misura. L’atteggiamento corretto è quello agostiniano: cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo sempre. E spesso si cerca a tentoni, come si legge nella Bibbia».
Se la fede nasce sempre da un incontro, prosegue il papa, è anche vero che non siamo noi a decidere come e quando quell’incontro può avvenire: «Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui».
Ci ha commosso la corrispondenza quasi letterale tra queste parole e quelle ascoltate tante volte da don Giacomo Tantardini. Di fronte all’«insicurezza in cui la vita cristiana vive» – cercare Dio e non trovarlo, se lui non mi viene incontro – l’uomo è tentato di «fabbricarsi una certezza vana e non pia» (qui la citazione è da Eric Voegelin). «Questa certezza non pia si può esprimere con queste parole: la presenza c’è sempre». È come quel prete che, in una poesia di Giorgio Caproni, grida: «Cristo è qui! È qui! / LUI! Qui fra noi! Adesso! / Anche se non si vede! / Anche se non si sente!”». Esclamare «Dio è qui» anche contro l’evidenza rende «repellente» la voce di quel prete. «Invece la certezza pia è l’abbandono del bambino. Perché il bambino è certissimo che la mamma c’è, quando piange perché la mamma non è vicina».
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