Il meglio di sé

–G. Testori

Mi dole il core

Ben venga il superamento dei confini, ma la partenza dovrebbe sempre implicare una promessa: quella di amare e riconoscere a oltranza le vicende della propria casa, la teca sacra da cui il futuro si dipanò, il trampolino da cui si tentò il volo. Testori esplicita la sua predilezione per quanti riservano passione e calore per le vicende artistiche sacrosantamente locali; per quanti salvano la storia personale da un risucchiante oblio.

Nonostante la critica d’arte tenda, infatti, a superar i confini, non solo delle regioni, ma altresì delle nazioni, insisto a conservare nel mio retrogrado modo d’intenderla una talquale, non vincibile predilezione per chi, pur occupandosi di molto (essendo il tutto povera illusione di critici computers, farfalloni metallici che tutto vorrebbero notturnamente catalogare al lume di «desaineratissime» lucerne, prendendo, ove del caso, più d’uno svarione; e tanti saluti al computer e alle lucerne!), per chi, dicevo, riserva il meglio di sé, il più caro e umanamente patito (proprio nel senso di «mi dole il core…») per le vicende di casa sua; della sua città; della sua valle; del suo paese, ove mai, avendone avuto uno, quell’uno ancora intendano riconoscere e amare.

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