Parole di Testori, per due giovani appena condannati per l’efferato delitto di Olga Julia Calzoni. Dal “Corriere delle sera” del 3 luglio 1978, ora in L’ergastolo applaudito, La maestà della vita, Giovanni Testori, Opere, vol.III, p.202-3

A due giovani condannati all’ergastolo, l’augurio sommesso e pudico che ognuno di noi dovrebbe rivolgere

Quanto ai due giovani, ove mai accada loro di leggere queste righe, vorremmo, e con noi, osiamo sperare, lo vuole la società che ha dovuto condannarli, vorremmo che essi non precipitassero nel buio della disperazione.

Sappiamo che sembrerà loro facile pronunciare queste parole stando, come stiamo, nella quotidianità della vita: ma poiché uno di loro fisso evidentemente all’atrocità del gesto compiuto, ha pubblicamente detto che la vita era finita per lui il giorno in cui aveva ucciso, vorremmo dir loro che quel giorno è finita la parte negativa della loro vita, quella consegnata alla violenza, al sangue, all’assassinio, al male, alla morte: ma che la parte vera, quella che ha diritto di chiamarsi vita, ove pur dovesse svolgersi tutta e intera tra le mura d’un carcere, comincerà (e noi ci auguriamo sia in effetti già cominciata) dal giorno in cui, misurando l’orrore e il dolore che così facendo hanno causato, sapranno accettare la separatezza, la cecità e il silenzio di quelle mura come un passaggio necessario per poter rientrare nell’equilibrio primo della vita, anche se la vita, fuori da quelle mura, forse non potranno più sapere cosa sia. Questo è l’augurio sommesso e pudico che ognuno di noi dovrebbe loro rivolgere. Chi poi crede, dovrebbe aggiungere la preghiera perché ciò avvenga realmente e perché, avvenendo, dia loro tutta la pace che sarà possibile e, con la pace, il senso di rientrare a poco a poco, attraverso il dolore, nelle braccia dell’altra Giustizia: quella che contiene in sé e, insieme, supera la nostra.

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