Dalla bellissima introduzione di Daniela Iuppa al primo dei cinque capitoli: il corpo della donna (gli altri quattro: Il linguaggio delle donne; Le donne e l’amore; le donne e la morte; le donne e la maternità).

Voci femminili di Testori: La monaca di Monza.

Ma quanti di quelli che s’ amano veramente non tentano d’avere con il corpo, una verità più profonda, una verità che sfugge sempre come un’ombra, anche quando s’abbracciano, anche quando rotolano, felici o dannati, dentro un letto?

Il corpo è lo strumento, il mezzo datoci per raggiungere la felicità, inevitabilmente connessa all’amore. Sebbene queste donne siano disposte a qualsiasi azione, qualsiasi umiliazione pur di godere un istante di felicità, affrontano in loro un’aspra lotta tra i diritti della natura (gli istinti, le pulsioni sessuali) e la morale. Opposizione espressa mediante due parole chiave del corpus testoriano, ventre e coscienza. Sono donne che contrastano la morale comune, la sfidano, vivendo l’amore nelle sue dimensioni più fisiche e materiali (Daniela Iuppa).

A queste due parole ventre e coscienza, spesso in contraddizione, violentemente in cammino, storto, caduco, caduto, verso una conciliazione in movimento, urlata e straniante, se ne aggiunge una terza, evidente nel cammino proposto da Daniela Iuppa nel femminile testoriano: il magone. Nell’amore fisico, materia di sangue e liquidi, viaggio in un’ altra percezione transeunte, nel silenzio della preghiera, nella violenza antagonista alla vita, nella accettazione del necessario dolore che questa comporta fin dalle regole del concepimento, la donna testoriana vive comunque un magone. Come nella bellissima immagine di Iaia Forte qui sopra ( e prima di lei Adriana Innocenti) sembra che il cuore scoppi dentro le parole, dentro il seno-ansimo del corpo, anche le più maledette, quali quelle di Erodiade, assetata di sangue (ovvero di amore e di potere). Pur capendo l’iniziativa di un altro, non riesce a superare la tremenda offesa fatta al suo potere, che credeva onnipotente.

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