Grazie a Davide Malacaria per il suo bel blog, Piccole note, da cui traggo questo post

Note da piccole note: la mia corsa continua, Luca Panichi

«Dan Brown non è il solo ad ambientare un suo racconto in un ospedale di Firenze. L’ho fatto anch’io. Ma se per il suo “inferno” lo scrittore lavora di fantasia, io all’ospedale dell’Annuniziata mi ci sono trovato senza possibilità di scelta. Per trent’anni ho fatto l’atleta, correndo gare tra i 1.500 metri e la maratona. Oggi, a quarantacinque anni continuo ad occuparmi di atletica come allenatore. E pensavo che, vista la mia età, la mia carriera da agonista era finita. Mi sbagliavo. Il 14 dicembre 2012 ho sentito il colpo di pistola che ha dato il via alla gara più difficile e dura della mia vita. Stavolta il mio avversario non è un velocissimo keniano. Ho a che fare con il cancro». La mia corsa… continua, questo il titolo del libro autobiografico di Luca Panichi del quale l’Osservatore romano del 12 aprile ha pubblicato un capitolo. Ne pubblichiamo ampi stralci.
«La mia corsa, dunque, continua – scrive Panichi – Nella gara che sto vivendo a perdifiato mi trovo a competere con l’avversario più forte che abbia mai affrontato. Stavolta la corsa è solo per il primo posto, non si può puntare ad altro. A volte mi sembra di essere in vantaggio contro il mio acerrimo rivale. Aumento il ritmo della corsa e lui ne risente. Altre volte, come accade in una corsa lunga e di resistenza, sono io ad avere il fiato corto […] In questa gara decisiva non sono solo. Ho i miei tifosi. La mia famiglia, mia moglie e i miei due figli Ilairia e Federico […].
Sto scoprendo, soprattutto, che la tabella perfetta per trovare l’andatura giusta verso il traguardo è la fede in Dio. L’esperienza della malattia ha reso più forte la mia fede perché ha cambiato me. Ho ritrovato il tempo di pregare, di leggere una pagina del vangelo. Preso dalle faccende della vita avevo messo un po’ da parte il Signore. Se io mi ero allontanato, Lui è stato sempre con me. Ora la vita terrena mi appare come un test in preparazione alla corsa celeste, l’incontro con Dio: quella corsa che non finisce mai e, attraverso il percorso della fede, ha il Paradiso come traguardo. […] So anche che ho un’ottima “lepre” – come diciamo in gergo noi atleti – una guida che scandisce il passo e indica la strada: è la Madre di Dio. Sono molto devoto alla Madonna di Rugiano, santuario vicino a Rufina, il mio paese natale. Quando ho saputo della mia malattia sono andato subito lì e ho pregato davanti alla chiesa, nel punto esatto dove l’8 settembre 1944 mia nonna perse la vita pestando una mina sistemata dai tedeschi.
Lo ammetto: ho faticato ad accettare la malattia perché io dovevo stare bene: il mio tempo era troppo prezioso e la programmazione della stagione invernale alle porte. Poi ecco che la clessidra del mio tempo improvvisamente si è capovolta. Mi sono detto: non posso lasciarmi andare, devo trovare le motivazioni giuste, proprio come ogni sportivo. Ora le giornate passano e la gara contro il cancro è in pieno svolgimento. L’ospedale Annunziata, precisamente il reparto oncologico è il mio nuovo campo di allenamento. Oltretutto è vicinissima la mia vecchia pista di atletica, quella pista dove rincorrevo i miei sogni di atleta […].
Di fatica ne ho fatta tanta, ma la corsa non è mai stata un sacrificio: piuttosto uno stile di vita e oggi Dio solo sa quanto mi aiuta aver imparato a soffrire. Il cancro mi fatto morire e rinascere. Mi ha ridato la voglia di vivere. Senza la malattia non avrei mai cambiato in meglio la mia vita. Ringraziare il cancro sembra un paradosso, vero? Ma non credo di essere matto. Piuttosto fortemente umano, realista. Oggi vedo questa vita che scorre e mi entusiasma come non mai. La mattina, quando mi sveglio, sentire il profumo dell’aria mi rende felice e leggero: è una scossa di adrenalina impagabile. Le giornate ora sono piene, mi sento una persona che vive in modo utile. E mi rendo conto che le cose non sono mai banali. La malattia mi ha fatto capire che la vita è un dono di Dio da affrontare con speranza e con il sorriso».
Il libro di Panichi è edito da Montevarchi, Faliero. Il ricavato delle vendite sarà devoluto al reparto oncologico dell’ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze e all’associazione di volontariato “regalami un sorriso”.

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