Riflessioni di due detenuti del progetto di studio in carcere Tor Vergata-Rebibbia, se ne parla lunedì pomeriggio…

Presentazione del libro Afferrare le redini di una vita nuova: letteratura e studio in carcere

Ho aperto gli occhi, credendo di sognare, mura gelide mi circondano.

Dove sono, chi sono?

LA paura ha stretto in una morsa il mio cuore, e all’improvviso i ricordi cominciano a fare luce nella mia mente (Giuseppe.G.)

Io, riesco a sentirmi particolarmente “attivo” in questa vita “non vita” soprattutto quando mi metto a studiare perché do un senso a questa attività che ho scelto da tempo.
Lo studio mi aiuta a migliorarmi e arricchirmi culturalmente e ciò mi permette di evadere da questi luoghi e di non oziare. (Anche se Pavese sosteneva che nell’ozio a volte possono nascere grandi pensieri, idee). Ma io, penso, che sia meglio essere attivi, magari questo mio pensiero può essere dettato dalla necessità del contesto in cui mi trovo e vivo.
Ritengo che la vita sia una continua ricerca dell’anima. E che il domani ci veda uomini migliori di ieri. Molto dipende solo da noi stessi, dalle persone che incontriamo nel cammino della nostra vita e delle circostanze che grosso modo sono da noi predeterminate.
Solo il tempo ci potrà dare le risposte quasi definitive.
Ma in me c’è comunque la motivazione e la speranza, che per me è la luce più luminosa che ci sia, e nonostante sia la più incerta, io questa luce non la spegnerò mai.
Perché è attraverso questa luce in cui credo, che mi sarà possibile riaccendere quelle luci che voi mi avete fatto spegnere come quella dell’amore, della fede e della gioia più grande che sarà quella di ri-vivere i miei giorni e la mia vita in tutta la loro pienezza e spensieratezza di quando ero ragazzo: animo puer (Angelo M.)

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