Sorprende che questi due brani siano contigui nel Mestiere di Vivere, il diario di Pavese: la prima il 29 novembre del 1937, la seconda del 30 novembre. (Cfr il post precedente con la frase di Benedetto Croce)

Pavese: il dono e la morte volontaria

Non dovrà sorprendermi, in qualche mattina di nebbia e di sole, il pensiero che quanto ho avuto è stato un dono, un grande dono?

Eppure non riesco a pensare una volta alla morte senza trenare a questa idea: verrà la morte necessariamente per cause ordinarie, preparata da tutta una vita, infallibile, tant’è vero che sarà avvenuta. Sarà un fatto naturale come il cadere di una pioggia. E a questo non mi rassegno: perché non si cerca la morte volontaria, che sia affermazione di libera scelta, che esprima qualcosa? Invece di lasciarsi morire? Perché?

No Comments

Leave a Reply

Your email is never shared.Required fields are marked *