CFR con i due post precedenti (con timore e tremore, abisso, vertigine), Benedetto Croce e Cesare Pavese: da Occhi occhiali e Paradiso (con il commento di Don Giacomo, che porto sempre nel cuore, pur nella dimenticanza della vita che scivola via e non trattiene ciò che veramente è importante. Ma basta un attimo di sorpresa a spaccare mille anni d’abitudine)

Il faro del tempo

Il mondo dell’infanzia, un manoscritto perduto. Tutto durava l’intreccio di una fantasia. Quello che aveva incontrato da grande, invece, si voleva misurare con il tempo e mantenere la felicità sorpresa dietro ogni simbolo. Doveva sovrastare anche la morte. Finalmente non di un sogno si trattava ma di una realtà viva e incontrata.

Invece la diversità ultima è che tutti gli altri incontri umani accrescono – col tempo – la paura della morte. Più sono veri e più accrescono la paura della morte. Più sono veri e più allontana il presentimento dell’infanzia di poter essere amati veramente. E invece questo incontro, identico agli altri incontri umani, identico come fattura umana, dura, rimane, cresce col tempo.

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