Premio Internazionale di Poesia di Genova, arrivato
quest’anno alla 21a edizione col bel titolo di “Parole Spalancate” (www.festivalpoesia.
org)Turchi e armeni, cristiani e mussulmani, insieme per la poesia. Da Mosaico italiano, di maggio 2015.

Van Gogh si è liberato dal suo orecchio Perché non ne aveva più bisogno lui aveva già sentito il Genio

LULJETA LLESHANAKU (ALBANIA)
Traduzione di Rosangela Sportelli

Il mistero delle preghiere
Nella mia famiglia
le preghiere si facevano di nascosto
a voce bassa , con un naso arrossato sotto la trapunta,
quasi mormorando,
con all’inizio e alla fine un sospiro
sottile e puro come una garza.
Intorno alla casa,
c’era solo un paio di scale per salire
quelle di legno, appoggiate tutto l’anno al muro,
per riparare le tegole ad agosto prima delle piogge.
Invece di angeli,
salivano e scendevano uomini
sofferenti di sciatica.
Pregavano guardando Lui dritto negli occhi
come in un patto tra feudatari
chiedendo un rinvio della scadenza.
“ Dio, dammi la forza” e niente di più,
perché erano i discendenti di Esaù,
il benedetto, con l’unica cosa rimasta di Giacobbe,
-la spada.
Nella mia casa
la preghiera era una debolezza,
di cui non si parlava mai,
come del far l’amore.
E proprio
come il far l’amore
era seguito dalla tremenda notte del corpo.

EDUARD HARENTS (ARMENIA)
Traduzione di Suren Yenokyan-Israyelyan
***

Van Gogh si è liberato dal suo orecchio
Perché non ne aveva più bisogno
lui aveva già sentito il Genio.

Abu l-Ala’ al-Ma’arri in realtà vedeva cosi tanto
che ormai
i suoi occhi non erano importanti.

Charents non ha avuto una tomba
perché
lui non è ancora morto.

Io saluto la gente con la mano sinistra
perché
ho salutato Dio con la destra…

MILO DE ANGELIS
da Tema dell’addio
*

Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto
di un giardino avvenne la carezza, la penombra
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,
spazio assoluto di una lacrima. Un istante
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,
noi tra le ossa e l’essenza della terra.
*
Non è più dato. Il pianto che si trasformava
in un ridere impazzito, le notti passate
correndo in Via Crescenzago, inseguendo il neon
di un’edicola. Non è più dato. Non è più nostro
il batticuore di aspettare mezzanotte, aspettarla
finché mezzanotte entra nel suo vero tumulto,
nella frenesia di tutte le ore, di tutte le ore.
Non è più dato. Uno solo è il tempo, una sola
la morte, poche le ossessioni, poche
le notti d’amore, pochi i baci, poche le strade
che portano fuori di noi, poche le poesie.
*
Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre
di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,
assorta, diventò il primo battito. Il nero
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.

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