Reiterato incipit alle visioni

–A. Picca

Raccontare

Scorre sangue nel libro di Aurelio Picca. Intorno alla presenza di chi non c’è più e c’è per sempre. Materialità fino agli escrementi, capacità di memoria, nitida, nel grande Banchetto dei vivi e dei morti. Al sangue-cuore della madre era dedicato Sacrocuore del 2003 e ora  appena uscito, Se la fortuna è nostra, una biografia inscritta nelle vene, attraverso la figura del nonno, degli avi, della famiglia, quasi a saldare le vertebre fragile di un senso ritornante di orfanità dentro l’immagine di alcuni pezzi di legno, le misteriose ali del protettore della famiglia, l’Arcangelo Michele. La saldatura tra gli orli del manto della visionarietà e della materialità avvolge le parole del libro. Ecco il fascino di nonno Aurelio, dei suoi racconti:

Le frasi erano le stesse. Ma non di un disco rotto. Sembravano piuttosto miracolose, giacché avevano il potere di trasfigurare continuamente le immagini. Quelle parole indicavano una precisa azione, trascinandosi dietro non solo il fascino ma anche la libertà di inventare, a proprio piacimento, tutti i giochi e le arditezze. Il nonno riusciva sul serio a trasformare l’intera casa in una scatola magica… Le frasi erano preparate da silenzi in forma di valli. Eppure in queste pause non c’era nebbia. Tutto era visibile come le cose che amava e che, un giorno, avrei amato anch’io: gli alberi, gli animali, i paesaggi, le zuppe di verdura, i cappotti… Il suo era un reiterato incipit alle visioni (Aurelio Picca).

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