Palmira devastata: l’utopia di Calvino non sembra avverarsi

dalle città invivibili alle città invisibili.


Sono nato in America. Interviste 1951-1985 (Mondadori) interviste autobiografiche di Italo Calvino ecco dei brani dedicati a Le città invisibili, di cui immagino Palmira (quella della immaginazione), destinata ad essere città infernale

“Poesie in prosa perché io scrivo racconti da tanti anni che anche quando vorrei scrivere una poesia mi salta fuori un racconto”
“Se sono riuscito a fare quello che volevo, dovrebbe essere uno di quei libri che si tengono a portata di mano, che si aprono ogni tanto e si legge una pagina… Insomma vorrei che lo si leggesse un po’ come l’ho scritto: come un diario”.
“Ora scrivevo solo città contente, ora solo città tristi… uno stato d’animo, una riflessione, una lettura, una suggestione visiva, mi veniva di trasformarli in un’immagine di città”. : “Forse il vero senso del mio libro potrebbe essere questo: dalle città invivibili alle città invisibili”.

“Una città infelice può contenere, magari solo per un istante, una città felice; le città future sono già contenute nelle presenti come insetti nella crisalide”.

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“Una vibrazione lussuriosa muove continuamente Cloe, la più casta delle città.
Se gli uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni,
ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d’inseguimenti,
di finzioni, di malintesi, d’urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe”
(Italo Calvino, Le città invisibili, Ed.Mondadori)

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