Viaggia appena trascorsi o ancora da fare. Ecco alcune idee di Giorgio Manganelli (Cina e altri Orienti), tratte dagli appunti per un volume manganelliano del grande amico Andrea Santurbano che insegna letteratura italiana in Brasile (Santa Catarina, Florinopolis)

Il viaggio controluce di Giorgio Manganelli

A questa valletta non vi è altro accesso che quell’unico sentiero della caverna; non vi arriva luce se non da quel che di cielo si apre quasi cento metri più in lato. Non si ode alcun suono: il vento non giunge quaggiù, e solo qualche rada goccia scuote la vegetazione ascetica, i fiori monacali. Se c’è un luogo in cui la Storia trova difficoltà ad entrare, deve essere questo, o molto simile.

Ho appena finito di rileggere il Milione, e ho imparato che tutti gli uomini sono fratelli e sono incomprensibili. Non si viaggia tra cose, palazzi, montagne, si viaggia tra uomini; ognuno nasconde itinerari, labirinti, parla con sé nei proprio sogni una lingua che non comprendiamo, ma di cui cogliamo le strane, struggenti modulazioni. (

Sono le dieci e trenta, <4 aprile,> sto per partire per un viaggio, un bel viaggio; dove vado? Vado in un certo posto, ma, in fondo, non vado in nessun posto; arriverò, per modo di dire, in una città, ma in realtà non è vero che io vada in quella città, sebbene, lo spero, io debba arrivarci. Vado verso un luogo mentale, affettivo, fantastico: se mai una religione ha avuto un aeroporto, io ho, appunto, quell’obiettivo: la religione è l’Islam, questo oscuro e intenso luogo che è insieme anima e mondo; e in questo gran luogo ho scelto la repubblica islamica del Pakistan – la «Repubblica di diritto divino»,

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