I racconti del carcere del regista teatrale Giancarlo Capozzoli, impegnato da tempo in spettacoli a Rebibbia, con detenuti. Molti belli, vi domina la parola incontro e la parola gratitudine.

Ho imparato la dignità di persone dimenticate

Lavorare in carcere mi ha dato la reale possibilità di sperimentare e sperimentarmi di persona in
quel tentativo previsto dall’ Art. 27 della costituzione Italiana di rieducare, di educare alla socializzazione coloro che subita una condanna la scontano in carcere, appunto.
Ho capito chiacchierando con Manconi, Gonnella, Anastasia, Palma e Violante anche, che il carcere non è l’ unico modello di pena previsto dalla Costituzione e che anzi è il sistema che rende di meno in termini di giustizia e di reintegro effettivo degli ex detenuti.
Scrivendo questi racconti ho seguito quelle “tracce” che inevitabilmente ho incrociato in questo percorso: innanzitutto il luogo in sé i suoi odori i rumori, e le diverse persone e la realtà spesso drammatica che si portano dietro, i luoghi di provenienza spesso la periferia estrema sociale e culturale. In questo luogo in-solito ho scoperto un mondo altro, e, nonostante tutto, la dignità.
La dignità di persone dimenticate. Da qui la necessità di raccontare e scrivere.
Esplicitamente e implicitamente è proprio questo ciò che è alla base di questa raccolta: raccontare questo mondo altrimenti dimenticato, chiuso. Raccontare le persone che lo abitano.I loro diritti e le loro storie.
E’ già accaduto che la cultura ufficiale ha raccontato gli ultimi, i primi esempi a cui penso sono il film “i soliti ignoti”o i romanzi i film del solito Pasolini. Ma non solo; uno dei protagonisti de “l’uomo senza qualità” di Musil è proprio un omicida…
“Lì dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva” è un verso di una poesia di Hoelderlin. Non è questo il luogo per approfondire la poetica e il pensiero del poeta tedesco, ma prendere a prestito un verso di uno dei più grandi poeti sta a sottolineare, dal nostro punto di vista , che la lingua dei poeti dice, svela ciò che il dire comune, la chiacchiera, dimentica. (Giancarlo Capozzoli)

No Comments

Leave a Reply

Your email is never shared.Required fields are marked *