Nella notte propizia,/in segreto – nessuno mi vedeva/né io guardavo cosa alcuna – /senz’altra luce o guida / che quella che mi bruciava nel cuore.

–Juan de la Cruz (Fontiveros, 1542 – Ubeda, 1591)

Noche obscura del alma

Testori ha sempre obbedito alle ossessioni: con l’«orrendo slogarsi e fiorire» delle sue Croci testimoniava le parole interiori più laceranti. Nonostante la Crocifissione lo spingesse nella direzione della morte, egli sapeva scorgere, dietro quella necessità inevitabile, la gioia della resurrezione, rovesciare la pietra del sepolcro e accendere la notte oscura. Così Raboni si spiegava l’essenza delle pennellate dolci e tremende dell’amico Giovanni:

Non c’è vero artista che non abbia il coraggio delle proprie ossessioni, ma per essere grandi artisti ci vuole qualcosa di più, bisogna saper confondere fra loro, avere la forza di subire con lo stesso abbandono e dominare con la stessa energia e la stessa calma le ossessioni del proprio corpo e della propria mente e quelle della forma, dell’oggetto che non pretende solo di esistere ma anche di diventare identico a sé, di coincidere con un fantasma anteriore e ineludibile.

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