la notte piena del suo stupore

L’interrogare originario

Perché ci commuove la luna? Oggi la guarderemo nella sua bellezza, nel confine più vicino alla nostra distanza di tutti i giorni. Parlando del Canto Notturno di un pastore errante dell’Asia di Giacomo Leopardi, Gilberto Lonardi ricorda come la domanda, l’interrogazione, così presente in quella lirica stupefacente, ispirata dalla luna, è per Heiddeger, la pietà della filosofia, “l’interrogare viene da molto lontano; accompagna il meravigliarsi, il thaumàzein originario… accompagna la meraviglia, al cui grande spazio in origine onni-occupante Leopardi mirabilmente accenna, nel 1823, per l’Inizio del poetare”. Meraviglia originaria, come il pastore dei Kirghisi che parla alla luna, o il nostro Ciaula, condannato dalla violenza della vita a essere l’ultimo uomo del mondo ma che di fronte alla luna, in un brano celeberrimo di Luigi Pirandello, trova le lacrime e la commozione:

 Grande, placida, come in un fresco, luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna. Sì, egli sapeva cos’era ; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna? Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva. Estatico cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, Eccola là, eccola là, la Luna… C’era la Luna!, la Luna!E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore. (Luigi Pirandello, Ciàula scopre la luna)

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