Per la terza volta ho visto ieri nel teatro della Casa Circondariale di Rebibbia l’Inferno di Dante, con la magistrale regia di Fabio Cavalli, interpretato dai detenuti di Alta Sicurezza, la maggioranza dei quali allievi di Lettere e Giurisprudenza di Tor Vergata. Straordinaria intensità, specialmente nell’individuare nel sistema “penitenziario” di Dante due ferite aperte al dolore: il tradimento e l’accidia. Alcuni di loro stanno per uscire, la consapevolezza che si tratti del momento più difficile è contenuto in questo loro appello, inserito nel depliant dello spettacolo.

Nella città dolente una alternativa alla vita di prima, per riveder le stelle

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Perché leggere, studiare, apprendere e recitare ci fa evadere con la mente. Ci fa desiderare la libertà più ancora di quanto la desiderassimo prima. Una cosa chiediamo però alle istituzioni: se avete creduto in noi fino a investire risorse nella nostra formazione, se vi abbiamo dimostrato di essere dei buoni studenti, fate ancora uno sforzo e provate ancora a credere in noi come lavoratori. Dateci l’opportunità di mettere a frutto ciò che abbiamo imparato e siamo pronti ad imparare ancora. Ci piacerebbe poter dire a tutti: vedi lo Stato che mi ha condannato e anche capace di offrirmi un’alternativa alla vita di prima.

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