Un’intervista dimenticata col mensile 30 Giorni. Dalla rivista Trenta Giorni nella Chiesa e nel mondo. Pagine 56 e 57 del n.7, ottobre 1983. Fanno parte del dossier “Dialoghi ‘laici’ su male e peccato”, a cura di Lucio Brunelli.
Occhiello:
Arpino, scrittore: cosa mi dà più fastidio nel modo in cui la Chiesa parla del peccato? Paradossalmente un eccesso di prudenza. Il diavolo convive con noi.
Titolo:
Il diavolo… sicuramente
Testo:
Esiste un campione del cinismo laico? Se c’è, bisogna rivolgersi ad un altro; Giovanni Arpino, scrittore e piemontese di successo, appare così ma non lo è. Metà intellettuale e metà no, metà obbiettivo e metà partigiano fino al midollo, non riesce a interpretare fino in fondo la parte che spesso vorrebbero dargli. Nonostante il suo sguardo irato, Arpino non è poi così nemico del mondo e degli uomini. “Il fratello italiano” (l’ultimo suo best seller) lo dimostra. E poi chi si arrabbia è perché ama ancora qualcosa.
Il secolo scorso si è chiuso con la celebrazione di una grande fede laica nel Progresso. Perché oggi, mentre volge al termine il secondo millennio, tanti laici sono pessimisti?
Giovanni Arpino: Perché quella era una fede da “Ballo Excelsior”… avevano inventato la luce elettrica e le Ferrovie e credevano che questo fosse sufficiente. Oggi che l’uomo ha scoperto anche l’uranio è necessario riscoprire che cosa è l’uomo anche rispetto all’uranio.
Ma per lei cos’è l’uomo rispetto all’uranio?
Arpino: E’ una vecchia brutta bestia che inventa l’uranio e poi deve correre appresso all’uranio. E’ l’uomo che oggi deve civilizzarsi evitando il rischio di lasciarsi condizionare dalle sue stesse importanti e rispettabilissime tecnologie.
Ma il male è nelle tecnologie, nella macchina?
Arpino: Il male è nell’uomo, non è mai nelle tecnologie. L’uomo non inventa strumenti di male, il male se lo porta dietro, se lo porta dentro. Fa parte di lui.
I cristiani dicono di leggere la storia in base a due punti fermi: la realtà del peccato originario, di una contraddizione, cioè, “strutturale” dell’uomo, e il fatto che Dio, con Cristo, è entrato nella storia. Lei dove trova i criteri per valutare ciò che è bene e ciò che è male?
Arpino: La storia è una piramide di mali commessi… La storia è cruenta. Non dimentichiamo cosa significava per Tolstoj il titolo Guerra e pace, la guerra è il tempo storico, dove succedono le malefatte, la pace dovrebbe essere il tempo “umano”, che medita il tempo storico. Noi siamo sempre a cavallo tra queste due situazioni tolstoianamente irrisolte. In fondo l’uomo è un animale bellico’.. l’istinto di sopravvivenza della specie Io ha spinto a ciò, ad aggredire.
Ma perché allora, c’è questa punta di rammarico in quanto va dicendo? Le scimmie non soffrono per il male che fanno….
Arpino: La scimmia ha dolori fisiologici. Ha dolore se è ferita. Può impazzire, se messa in gabbia. Ma non conosce Ia malinconia.
Malinconia di che?
Arpino: La malinconia è sempre un’assenza, un vuoto.
Esiste un peccato “Iaico”?
Arpino: Sì. Quello di non credere nella sacralità della vita.
Cosa le dà più fastidio nel modo in cui la Chiesa oggi parla del peccato?
Arpino: Paradossalmente un eccesso di prudenza. La Chiesa non sa più parlare del peccato. Ne ha paura anche se oggi c’è un Papa che è tornato a parlarne.
Professor Arpino, per lei il diavolo esiste?
Arpino: Mi ricordo bene quando, suscitando polemiche a non finire, Paolo VI parlò della sua esistenza. Credo di aver scritto in proposito anche un commento su La Stampa. Ebbene io penso che la grande forza del diavolo oggi è di non far parlare di sé. Di mimetizzarsi. Sì. Credo che il diavolo conviva con noi, con un contratto ad equo canone, pagando in fondo un prezzo molto basso.
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