L’idea lanciata nel post precedente non ha nessuna possibilità di realizzarsi in quella confusione francamente triste tra il vero dolore e la corsa a documentarlo in continuazione. Si legga però, in altro ambito, queste frasi di un bel racconto di Antonella Anedda, tratto dal bellissimo volume a cura di Andrea Cortellessa, Con gli occhi aperti. Venti autori per venti luoghi, EXorma, 2016.

I siriani e la televisione

La Grecia di oggi di Antonella Anedda non permette di pescare nell’innocenza, nella bellezza, in una argilla di parole.
Giunta a destinazione, a Lesbo, tutte le motivazioni naturalistiche, letterarie, turistiche si disintegrano davanti alla vista degli emigranti. I siriani, come li appella costantemente, paralizzata dallo stupore, dal dolore. Un corpo vero, non filtrato dallo schermo televisivo che crea un trauma autentico, una ferita che non potrà rimarginarsi .

«Ci ha impietrito l’impotenza di fronte a una realtà vista senza lo schermo del televisore, oltre il vetro, la concretezza dei bisogni, del cibo, della paura, ma anche della speranza e della spinta verso un’altra forma di esistenza, più forte della disperazione. Tutte quelle persone sembravano completamente sole, esauste, ma sostenute da qualcosa che non so definire se non come il coraggio dell’attesa».

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