Si limita a recitare una sola parola “Now”

E’ meraviglioso iniziare una storia così

In scena a Roma fino a domenica 3 aprile al Teatro Orologio, uno dei monologhi più intensi degli ultimi anni, interpretato da una trascinante Silvia Brogi, così matericamente posseduta da un testo bellissimo da rimanere come fulminata per alcuni attimi, nel crescendo finale, prima di tornare a staccarsi dal personaggio e ricevere i meritatissimi applausi, una vera e propria ovazione. Si tratta di La supplente di Giuseppe Manfridi (visitate il suo blog, basta mettere il nome su google, avrete anche la possibilità di leggere alcuni suoi testi) che ho avuto l’onore di pubblicare in Qui e ora, invito a teatro, edizioni Nuova Cultura, Roma. In un’aula scolastica, la eccentrica tenerissima supplente, in qualche riflesso ispirata a Sylvia Plath, lascerà un traccia indelebile a quegli scolari-spettatori preparati ad un’ora di “ricreazione”, in mancanza della insegnante titolare. “Un’ora può essere un soffio o, a seconda, una enormità… voi vorreste che passi in un attimo, io per niente. A me invece, guardate un po’, piacerebbe godermela. Farne qualcosa che non è ”. E il tempo del monologo è intenso e profondo come per la mosca, che vive solo ventiquattrore e deve essere brava a usare tutto “fino alla più microscopica frazione di secondo”. Scomparendo a modo suo dalla scena, verso il mondo delle betulle intraviste dalla finestra dell’aula, ha tempo di incarnare “la voglia di vivere che strazia la poesia”. L’inizio di tutte le storie, l’intuizione della vita come dono perenne (che incredibilmente conduce al suo opposto, la morte, l’annullamento, se questa gratuità non si rende carne visibile) e il desiderio di pienezza e durata, come il Riccardo III di Shakespeare che inizia con Now, ora, qui e ora:

Che meraviglia iniziare una storia così!… Come se l’autore volesse convocarci – tutti quanti; io, lui e voi – a una sorta di appuntamento magico. Ora! … Nello stesso atomo di immensità. Io e voi, dentro questa scatoletta, miracolosamente insieme. Come un pulviscolo fosforescente che appaia e scompaia in un cosmo di luce. Un pulviscolo che prima non c’era e che poi, fiuuu, non ci sarà più…. Archi di tempo come grani di sabbia. Eppure, in qualche punto periferico di questo gigantesco caos, noi ci siamo incontrati. A voi di giudicare: è stato un miracolo o no? (Giuseppe Manfridi, La supplente).

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