Vite che non sono la mia (3). Lenire il dolore? Da lontano?

La scrittura diventa un compito, percepito a posteriori, per lenire, per quel che è possibile, il dolore. Sono le ultime parole della narrazione, quando Carrère riprende a raccontare della famiglia della piccola Juliette, scomparsa nello tsunami del 2004 : «E io che sono lontano da loro, io che per ora, e sapendo quanto sia fragile, sono felice, vorrei lenire quello che può essere lenito, talmente poco, e perciò questo libro è per Diane e le sue sorelle».
In quel lontano della dedica la vetta sublime del libro, l’eternità della scrittura e quel limite irritante.
Accettare i propri limiti, diceva Bonhoeffer.
E Carrére ha scoperto una cosa nuova : «preferisco ciò che mi rende simile agli altri a ciò che me ne distingue. Anche questa è una cosa nuova».

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