Monet aveva preso un appartamento proprio davanti alla cattedrale, ritratta in tutte le stagioni e colori, dove oggi c’è l’ufficio turistico.
Per Montale la poca nebbia di memoria, gli eventi diradano (di miracoli se ne vedono pochini), Fuori di casa, e vengono sostituiti dalle memorie letterarie. Monet colora di impressioni la nebbia della trasposizioni dalla realtà alla immaginazione dipinta.

Montale a Rouen. La casa di Flaubert (Fuori di casa)

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A Rouen -forse la più bella città di provincia francese e, senza dubbio, la più flaubertiana – non esiste più la casa di Flaubert, distrutta nel 1881. Se ne può ammirare il disegno in un piccolo acquarello di G. Rochegrosse nel padiglione Flaubert a Croisset, a pochi passi dalla casa scomparsa. Il padiglione era un poco lo studio, il pensatoio del grande scrittore, il luogo dov’egli amava ricevere i pochi amici. È rimasto intatto e si è avuto il buon gusto di non affollarlo di varia paccottiglia per farne un vero museo Flaubert. Il Rochegrosse dipinse anche il paesaggio che cent’anni fa si ammirava dalle finestre: paesaggio fluviale, oggi rotto dai profili di troppe gru e ciminiere di opifici e di navi. Di questo secondo paesaggio, mancando d’altri mezzi, ho fatto una copia, servendomi di fiammiferi spenti, macchie di caffè, vino, aceto e rossetto per le labbra. Potrà ammirarla, con altri disegni, chi busserà alla porta di Fernand Mor, attuale reggente del vice-consolato italiano a Le Havre.
Quanti turisti vengono a visitare il pavillon Flaubert? Pochi, a giudicare dalle firme di un album. Vi leggo peò parecchi noi di amici italiani.
Flaubert morì a Croisset nel 1880 e chi ha letto anche solo un poco la sua corrispondenza non può non risentire con commozione gli echi che entro queste mura non si sono ancora spenti. Qui si ha anche fisicamente una idea di ciò che dovesse essere, in pieno Ottocento, l’arte della conversazione, un’arte ormai quasi scomparsa. Non ci si sa più immaginare oggi quel che potevano dirsi tre o quatto persone chiuse per ore e ore, senza radio e grammofono, senza partite di canasta senza eccitanti di alcun genere, col solo conforto di qualche tisane, tra queste mura ristrette, alla periferia di una città di provincia.
La casa di Flaubert, di cui il padiglione è l’ultimo avanzo, era stata acquistata dal chirurgo Achille Flaubert, padre dello scrittore, nel 1804; Gustave Flaubert visse qui per ben trentacinque anni. Sotto vetro si conservano una ciocca dei suoi capelli, un fazzoletto, carta, penna, calamaio, qualche autografo, e i ritratti dei membri del suo «gruppo»: Bouilhet, Du Camp, Chevalier, Duplan, Lapierre, Laporte, il dottor Cloquet, Feydeau, la principessa Matilde, Louise Colet, George Sand e qualche altro. Poche le tracce del Flaubert «orientale», a eccezione di un piccolo Budda. Ben altro si può trovare oggi nella casa di un Malraux a Boulogne-sur-Seine. Eppure Flaubert si buscò a Beirut la malattia che doveva condurlo a morte all’età di cinquantanove anni. Età che allora era considerata senile. La sua morte non dovette commuovere eccessivamente la mairie di Rouen, perché un anno dopo la casa di Croisset era rasa al suolo per motivi di rinnovamento edilizio.

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