“E così eccomi qua, nel mezzo del cammino, dopo vent’anni. / Vent’anni in gran parte sciupati, gli anni dell’entre deux guerres… / A cercar d’imparare l’uso delle parole, e ogni tentativo / E’ un rifar tutto da capo, e una specie diversa di fallimento / Perché si è imparato a servirsi bene delle parole / Soltanto per quello che non si ha più da dire o nel modo in cui / Nulla si è più disposti a dirlo. E così ogni impresa / E’ un cominciar di nuovo, un incursione del vago”. Cosciente che l’artista deve essere sempre disposto a ricominciare, Eliot conclude East Coker dei Four Quartets (vedi i post precedenti) con il celebre motto “nella mia fine è il mio principio”, con lo sguardo al cammino percorso, dalla terra degli avi, al senso del tempo, alla tragedia del male delle Guerre mondiali, al sacrificio del Venerdì Santo e alla presenza della Salvezza (l’autentico inizio):
L’amore si avvicina più a se stesso
Quando il luogo e l’ora non importano più
Noi dobbiamo muovere senza fine
Verso un’altra intensità
Per un’unione più completa, comunione più profonda
Attraverso il buio, il freddo e la vuota desolazione.
Il grido dell’onda, il grido del vento, la distesa d’acqua
Delle procellarie e del delfino. Nella mia fine è il mio
Principio.
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