Rileggo ancora le poesia di Cairn di Enrico Testa, Einaudi. Un libro bellissimo, sul baratro dell’attesa, dei sensi molteplici del quotidiano con cui si vuole risalire ad una epifania negata, ad una resurrezione. Con le voci dei cari defunti che spuntano in ogni dove per portarci un sibilo sommesso che manca ancora alla vita. E poi una rabbia che esplode nella fisicità, che rimanda al sapore forte della terra, degli escrementi, ancora più sotto, nella sabbia, nel cavo del mare, agli Ossi di seppia. Liriche anche di viaggio, con la sproprzione tra la curiosità e le persone che vivono accanto, prudenti e insensibili.

Gazze e stracci a San Paolo (poesia di Enrico Testa)

tutta questa gente che incontriamo per via
è sul punto di perdersi.
Cosa serva per trattenerli
ancora un momento sull’abisso
non lo si sa
e – anche a saperlo –
loro non vorrebbero.
Sono inerti e lenti.
Non rivendicano nulla alla vita.
Briciole gemiti preghiere.
Le gazze nere gracchianti sugli alberi del viale
e sui rami le ragnatele di stracci
e plastica a brandelli pencolanti

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