l’aria suonava per le pedalate che la tagliavano

“Un febbrile ruminìo verbale”

“Grazie a Calvino e ancor di più a Vittorini, l’uscita, nel 1954, nella collana Einaudiana dei Gettoni di Il dio di Roserio, rivela anche la sua originale e sorprendente scrittura narrativa, che verrà confermata, anche se con la rinuncia al dialetto, dalle due successive raccolte di racconti…. Sono in particolare una sorta di monologo e l’uso continuo dell’indiretto libero, a esprimere un febbrile ruminìo  verbale da parte dei personaggi”.

Così Giorgio Taffon nel bellissimo libro appena pubblicato da Bulzoni Dedicato a Testori, su cui torneremo di frequente nei prossimi post. Parlando delle origini testoriane, fino alla Maria Brasca e all’Arialda, Taffon riporta anche queste parole di Strelher: “Ha vissuto (Testori) sempre la fede come una immensa lotta, una tragica lotta con l’infinito. Io non ho questa dimensione. La mia dimensione è la Storia. Lui lottava con Dio, io ho lottato tutta la mia vita con la Storia. Sono cose molto diverse”.

Tra le tante belle pagine di ciclismo, con quel febbrile ruminìo, riporto un brano culminante nella sfida tra il dio di Roserio, Dante Pessina e il gregario Consonni (qui voce monologante) che, più veloce in quella gara, è tentato di non rispettare gli ordini di scuderia:

La bandierina ha girato due o tre volte attorno al bastone, poi si è distesa, come se si aprisse in quel momento. Ho fatto cinque allunghi. E’ stato allora che ho incominciato a non sentir più, di dietro, la ruota del Pessina. Mi è venuto in mente subito la faccia che gli avevo visto prima. Ho tenuto il respiro. Non avevo il coraggio di voltarmi. Ho continuato a tenere il respiro, cercando di cogliere tutti i rumori che venivano da dietro, anche quelli più leggeri: un respiro, qualche parola, i denti che staccavano la carne, l’osso che cadeva dalla sua mano, che aveva continuato a stringerlo, sulla strada… Ma non ho sentito niente. Ho cominciato a pensare che fosse rimasto indietro….. -Dai! – gli ho gridato. Allora ha dato un colpo. S’è alzato sulle reni, come un cavallo colpito da una frustata. Ha stretto la bocca, come se la frustata gli fosse venuta sulla coscia e gli avesse aperto la carne. Aveva già incominciato ad affondare i piedi sui pedali, tirando la bici, una volta da destra a sinistra e, un’altra, da sinistra a destra. Ho zigzagato. Ho sentito il respiro che gli rantolava nella gola in fretta, ma pesante, intanto che l’aria suonava per le pedalate che la tagliavano (Giovanni Testori, Il dio di Roserio, capitolo I)

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