un lembo, e una goccia di vino della vita

Ibsen, per la Norvegia

 Brand di Henrik Ibsen è la storia di un uomo che vuole  “guarire la razza umana dai suoi vizi e dalle sue imperfezioni”.

Il dramma in cinque atti termina nel riconoscimento che da sola, nello sforzo anche buono di aderire all’ideale, la volontà dell’uomo rischia di autoannullarsi o peggio di diventare violenta. “Dio è carità”, suggerisce una voce, dominando il fragore e gli scrosci. Immagini che tragicamente ritornano alla mente di fronte all’orrore consumato in quello stesso paesaggio norvegese, tra fiordi, ghiacci, giornate di luce perenne, una settimana orsono. Così Luca Doninelli introducendo il Brand per l’edizione Bur ne commenta il finale: 

A furia di affermare la propria volontà, ecco: Brand ha ottenuto l’opposto di quello che desiderava: voleva il calore, e si trova nel gelo: vorrebbe essere confortato. e invece è solo; verrebbe gioia e bellezza, e invece c’è solo orrore…

E, finalmente, Brand s’inginocchia “Oh, che desiderio ardente ho io di luce, di sole, di dolcezza! La pace, una pace calma! Quando conoscerò io il buon calore, l’estate della vita! Gesù, ho invocato il tuo nome e non mi hai ancora aperto le braccia. Mi hai sfiorato e sei scomparso, come parola vana che non si arresta nella mente… Lascia che m’impadronisca del mantello di salvezza, null’altro che un lembo, un lembo soltanto e una goccia del vino della vita”.

E’ la pagina non solo più bella di Brand, ma, a mio giudizio, di tutto Ibsen…

La follia della volontà umana che vuol risolvere  con le proprie forse il grande enigma dell’etica, unendo cielo e terra, ideale e vita, viene alla fine riconosciuta: non si può afferrare Cristo, non lo si può possedere. 

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