“ho perso la mia appartenenza a un popolo”

La sfida di un’ analfabeta. Le storie di Agosta Kristof

“Leggo. E’ come una malattia. Leggo tutto ciò che mi capita sotto mano, sotto gli occhi: giornali libri di testo, pezzi di carta trovati in strada, ricette di cucina, libri per bambini. Tutto ciò che è a caratteri di stampa. Ho quattro anni. La guerra è appena cominciata”.

Di questa infanzia, dentro la guerra, in Ungheria, parlano, inventando, su basi reali, un’altra esistenza, i racconti di Agota Kristof, scomparsa a luglio di quest’anno. Racconti crudi, in cui la scrittrice, insistendo come nella celebre Trilogia della città di K, rivisita il rapporto con il fratello, via via contestando la verità di quello che poco prima ha raccontato, offrendone, suggestivamente, versioni diverse. L’avvenimento decisivo della sua vita è la fuga dall’Ungheria occupata dai Russi, nel ’56. Approda in Svizzera, vivrà fino alla morte a Neuchatel. Lì diventa Analfabeta, ma con caparbietà riuscirà a scrivere i suoi libri nella lingua sconosciuta, il francese, come titola il bel librettino autobiografico (Casagrande, 2005) in cui, finalmente, spiega qualcosa della sua vita, come è andata davvero:

Ho lasciato in Ungheria il mio diario dalla scrittura segreta, e anche le mie prime poesie. Ho lasciato là i miei fratelli e i miei genitori, senza avvisarli, senza dir loro addio o arrivederci. Ma soprattutto quel giorno di fine novembre 1956, ho perso la mia appartenenza a un popolo.

Questa lingua non l’ho scelta io. Mi è stata imposta dal caso, dalle circostanze. So che non riuscirò mai a scrivere come scrivono gli scrittori francesi di nascita. Ma scriverò come meglio potrò. E’ una sfida. La sfida di un’analfabeta.

Cinque anni dopo essere giunta in Svizzera parlo il francese, ma continuo a non saperlo leggere. Sono tornata analfabeta. Io che leggevo già a quattro anni. Conosco le parole. Quando leggo non le riconosco. Le lettere non corripondono a niente. L’ungherese è una lingua fonetica, il francese è l’esatto contrario. Non so come ho potuto vivere senza lettura per cinque anni.

Non appena padroneggio un po’ di lettura, mi fisso un altro obiettivo: scrivere in francese.

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