la possibilità di riposarsi nelle braccia di Qualcuno

Sperdutezza. Sulla barca con Patrizio

Sono molte le cose che ci aveva dato Patrizio Barbaro. A lui ora non potremo restituire più nulla.
L’eleganza delicata, nella pagina come nella vita; la affabile cultura di chi trova il senso vero; la discussione sorridente, come quando si fa sul serio, sembravano già qualcosa di prezioso. Non immaginavamo che ci avrebbe lasciato qualcosa di ancora più prezioso. Patrizio ha ammaestrato il dolore, quel dolore che era il suo ed era sempre più grande, quel dolore che gli toglieva la vita e con la vita Leone e Luciana, ma non la sua eleganza.
Quanto ci hai lasciato, lo daremo ad altri, non dimenticheremo di farlo. E quando saremo al passo della morte, allora sapremo se il suo esempio ha fatto frutto dentro di noi (Andrea Gareffi).

 

Il 29 settembre del 1999, festa degli arcangeli, muore il caro amico Patrizio Barbaro, a poco più di quarant’anni. Nella sua memoria, questo blog ha avuto “inizio”.  Regista e giornalista, collaboratore di Vita e dell’Associazione Testori (la morte lo ha sorpreso prima di poter collaborare alla Biografia per immagini Gribaudo di Testori, nella collana nella quale aveva regalato immagini e parole su Calvino, Pasolini, Quasimodo, Gadda) aveva portato la Rai in università, per filmare gli incontri con gli scrittori, e firmato tra i tanti altri tre documentari bellissimi su Pratolini, Calvino, Pasolini e i loro luoghi. Le parole di Andrea Gareffi (docente a Tor Vergata di Letteratura italiana), in memoria dell’amico prematuramente scomparso, si leggono nel libro di Patrizio Barbaro Sperdutezza edizioni del San Gabriele che Andrea Gareffi ha introdotto toccando le corde più essenziali dell’esistenza umana. Ecco un altro brano:

Qualcuno in quei giorni di settembre aspettava il miracolo. Ma il miracolo era già lì, sopra di lui: in quel mostro che lo ghermiva e che lui ammaestrava. Come si fa con un visitatore di molta importanza, gli apriva le porte. E quel mostro assassino non sembrava più un mostro. Anche questo è un modo per continuare. Il suo modo.
Se è vero quanto è scritto in un libro che Patrizio non ha fatto in tempo a leggere, che “là sulla terra tutto era importante” ma qui, altro è necessario, è vero anche che uomini come Patrizio non hanno bisogno di libri per sapere, qui sulla terra, che cosa fosse necessario là, nell’oltretempo. Esserci arrivato troppo presto è forse un segno di predilezione. Esserci andato con delicatezza, affabilità e nonostante tutto sorridendo, lo è senz’altro. […] Il nome segreto della nostra rivista Sincronie, a cui Patrizio Partecipava, era la “Barca di Caronte”. Si pensava impudentemente al traghettar delle anime: all’imbarco per Citera e a quello per l’isola dei morti, al viaggio nei labirinti dei versi, con quel tanto di imbroglio insolente di chiunque tenti un’impresa. Si voleva fare anche confusione, forse perché un po’ di confusione era dentro di noi. Si voleva fare confusione, perché senza confusione tra la vita e la morte, la vita che cos’è? Si pensava che lassù è quaggiù. Che siamo già fantasmi.
Ma erano parole sventate. A quarant’anni non si scende a limitar di Dite senza che chi resta non senta come un’usurpazione essere restato.
Ci siamo incontrati sulla barca di Caronte; ognuno con il suo viaggio segnato sulle carte. Fino a che queste carte ce lo consentiranno, proseguiremo sulla barca di carta. Poi viaggeremo su altra barca, verso altri luoghi, dove sarebbe dolce andare se fosse vero che ci si può ricongiungere.
Ma intanto è qui che la barca bisogna che porti le ombre. Qui sulla terra termina il viaggio. La barca dovrà adesso portare vicino, sempre più vicino, quello che si trova lontano. È una barca che torna, e non che parte. Anche questo è un modo di continuare.

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