Il viaggiatore conosce bene i labili
rapporti che ogni terra ha con le nubi.
Non sa che cosa li determini:
se sia il vento, la direzione
che hanno fiumi e montagne
la presenza di altopiani, di colline
il sole più sfolgorante o più
appannato, la distanza dai
mari.
Così Giuseppe Conte, in Il viaggiatore, dalla raccolta Dialogo del poeta e del messaggero:
Tra Albuquerque e Santa Fe certe mattine
il cielo cala in modo quasi che
le nubi corrono tra cespugli e spine.
Hanno la casa su vulcani
spenti, tra le rocce
che fanno gobbe, ali, artigli
tra dune di terriccio che
fiori stenti e ruvidi
intaccano, su pianori
verdi e vasti, sorretti
dai tronchi coni di pietra lassù.
Le nuvole ci volano o ci stanno
inginocchiate.
Vegliano sui tre Pueblo di
S.Domingo, Cochiti, S:Felipe,
deserto indiano d’estate.
Più a nord, verso il Colorado
sono ancora più ripide, più oblique, e più
in movimento.
Sul massiccio del Sangre de Cristo
lasciano impronte
di un nero che rasenta
quello delle criniere.
E sulla strada che da Taos porta
a San Cristobal
fanno scorrere, svanire,
sovrapporre, saltare
macchie scure e in un momento
mutate e tante che sembrano una mandria di ombre
impazzite a pascolare
lì intorno.
Ogni terra ha rapporti con le nubi.
E il Viaggiatore conosce bene i labili
rapporti che ha ogni anima con il vento.
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