Manfridi, Boccaccini e il teatro dell’eccesso

Il corpo, il genio, il fazzoletto

Ma che c’entravo io?… E che c’entrava il mio povero fazzoletto col ventotto gennaio 1881 del signor Fedor Dostoevskij?… Cosa?… (Ispira. Si versa. Beve) Perché, vedete…


Non perdete il Fazzoletto di Dosttoevskij di Giuseppe Manfridi secondo atto della rassegna monografica Il teatro dell’Eccesso, al Colosseo di Roma (prezzi popolarissimi, 3 o 5 euro). La regia di Claudio Boccaccini (nella foto) è essenziale ed efficacissima,  con pochi tratti di scenografia permette alla interpretazione del bravissimo Paolo Perinelli di incedere su un tono generale comico-grottesco, sfiorando la farsa, per “fermarsi” in brevissimi istanti (tanto da essere lunghi, penetranti) accompagnati dalla musica (originale di Antonio di Pofi), di fronte all’abisso aperto dalla presenza della morte e di Dio, platealmente chiamato in causa. In un semplice fazzoletto, lordato dagli umori del corpo moribondo, si nasconde, forse, lo spiraglio assurdo di una grande speranza, nell’ora del trapasso (del resto come scrive Peguy, quello della Veronica era un semplice fazzoletto). Un monologo strepitoso che, nei ricordi di un sedicente don giovanni, incrocia per il mezzo di quell’insignificante pezzo di stoffa, la morte del grande scrittore russo, Un filone tra i più fecondi di Manfridi (qui con il tipico tono, serissimo, della farsa e della comicità) il confronto tra il corpo malato, sconciato e la grandezza misteriosa dell’arte che l’attraversa, magari in attesa di una epifania anche fisica. Così in Giacomo, il prepotente (ovviamente dedicato agli ultimi istanti di Leopardi), in L’osso d’oca. Gli ultimi giorni di Puccini a Bruxelles e in Anja, testo bellissimo ancora sulla morte di Dostoevskij.

Ecco il programma (lunedì 22 alle 18 al Colosseo dibattito con l’autore e il regista, animato da Claudio Giovanardi, docente di Storia della Lingua, Roma Tre e dal sottoscritto):

COLOSSEO   NUOVO   TEATRO

Roma – via Capo d’Africa 29/a  –  tel. 06 700 49 32 / 339 12 92 643

19- 20- 21- 26- 27 GENNAIO e 9- 10 FEBBRAIO 2013

IL FAZZOLETTO DI DOSTOEVSKIJ di Giuseppe Manfridi Regia di Claudio Boccaccini

musiche di Antonio di Pofi

con

Paolo Perinelli

Nella penombra di una stanza si consuma un mercato strano tra un vecchio morente e un giovane imbellettato che mira a sedurre la moglie dell’altro. Il vecchio è Dostoevskij, mentre il giovane è uno che non ha idea di chi sia colui che gli sta di fronte. Si chiama Pavel, e l’unica cosa che sa è che quel vecchio vuole il suo bel fazzoletto di seta e che lui dovrà darglielo, per poi scoprire suo malgrado che quel fazzoletto è il lasciapassare per altri mondi.

Orario  Spettacoli:

19 gennaio ore 19  / 26 gennaio e  9 febbraio ore 18 / 20 – 21  – 27 gennaio e 10 febbraio ore 21

Ed ecco il brano del fazzoletto, dentro la camera dello scrittore che morirà quel giorno, stringendo tra le mani quel pezzo di stoffa che diventa una reliquia:

Ora dirvi quanto tempo sarà passato, non lo so. Credo abbastanza, ma il fatto curioso è che lì, quasi al buio e senza far niente, non ricordo affatto di essermi annoiato. Perlomeno fin quando lui è preso da un sussulto che gli fa inarcare la schiena verso l’alto. Io mi sporgo. “Serve qualcosa?”, su un tavolino affianco c’è dell’acqua, potrei dargliela. Ricasca tra le coltri. Vedo una bava di sangue che gli sgorga dalle labbra e gli cola sul mento tra i peli della barba. A dirla tutta, mi fa un po’ orrore. Lui solleva poco poco il braccio… mi pare il destro… sì, il destro,  quello dalla mia parte, e biascica qualcosa che all’inizio non capisco. “Il fazzoletto… il fazzoletto”… ma io non vedo nessun fazzoletto, e quello insiste… “Il fazzoletto… il vostro fazzoletto…” – Il vostro?… Cioè, il mio?… Ma perché il mio?… Il perché è semplice. Perché in giro non ce ne sono altri. E avessi almeno portato il mio mouchoir, ma non ce l’ho… m’avrebbe fatto il bozzo nella tasca dei pantaloni, e dato come m’ero messo tutto attillato… insomma, non ce l’ho. In breve, il solo che potessi dargli… quello che lui insisteva cocciutamente a chiedermi, e contro cui puntava il dito… era la mia splendida sciarpa di batista bianco ghiaccio!… La mano che mi trema… sfilo la spilla con la capocchia di perla… (e, così dicendo, si sfila la spilla che gli tiene ferma la cravatta)… questa (la ripone vicino al samovar). La poggio… mi snodo il fazzoletto… lo tiro via… e glielo do. Lui… il poeta sublime… lo sparviere delle Lettere… il vostro nume, Varvara Stepanovna!… lo avvinghia… se lo porta al mento… lo preme contro quella sua barbaccia schifosa da profeta… e lo inzuppa di sangue e bava. Lo insudicia come mai un fazzoletto di batista fu insudiciato. Il suo quarto bicchiere… me lo versa lì dentro. Ma che c’entravo io?… E che c’entrava il mio povero fazzoletto col ventotto gennaio 1881 del signor Fedor Dostoevskij?… Cosa?… (Ispira. Si versa. Beve) Perché, vedete… (indicando in alto) Lui… fa poche cose, ma le fa bene. Il sistema nervoso… ah, quello l’ha concepito alla perfezione. Gli oggetti non soffrono. Ma noi per essi… sì. E sapete come?… Prolungando negli oggetti che amiamo… i nostri nervi. Mettiamo caso uno strappetto alla tappezzeria appena fatta… non è forse vero che quello strappetto lo sentiamo nelle nostre carni come uno squarcio che arrivi sino all’osso?… In quel momento, io, avevo più nervi in quel fazzoletto che in tutto il resto del mio corpo. Aaaaah… quanto ho sofferto!… E mica la riabbassa quella dannata zampaccia… no! Così se la tiene… premuta contro la bocca. Socchiusa. A tamponare ogni possibile eruzione delle sue viscere. Ci manca solo uno spurgo di catarro, che sarà mai!… Passano minuti, per me, d’inferno, finché il respiro si rifà normale. Come prima, quando dormiva. E difatti, Deo gratias, a guardar bene si direbbe proprio che dorma. Allungo la mano… e piano piano provo a… prendendolo per un pizzo… in punta di dita… provo a dare piccoli, piccolissmi strappetti… tanto se dorme… se non gli serve più… sarà pure moribondo, ma se non gi serve più… ma lui, zac… senza svegliarsi – il che, va detto, è davvero odioso – richiude il pugno come se ci avesse dentro una molla a scatto. Io aspetto. Lui lo rilascia. Io tiro, e lui, zac, lo richiude. Senza svegliarsi!… Il poeta sublime… il vate della nostra concupiscente Varvara Stepanovna dal seno impareggiabile!… E’ nel vivo di questo duello mortale che sull’uscio si presenta la già quasi vedova di quel ladro di fazzoletti… tiene per mano due bambini. Ne vedo le sagome in controluce. “Pavel Petrovic… amico caro!”… Sì, amico caro… ridatemi il fazzoletto, poi se ne riparla. – Torno composto. Rinuncio a combattere. Lei si profonde in ringraziamenti e mi prega di allontanarmi che adesso, dice, vuole starci lei. Servo vostro, signora.

Vi ricordo anche La cena (vedi i post precedenti) e vi anticipo la compagnia Valdoca a Roma, al Palladium, dal 6 all’8 febbraio:

COLOSSEO   NUOVO   TEATRO
Roma – via Capo d’Africa 29/a  –  tel. 06 700 49 32 / 339 12 92 643

dal  15   al  27 G ENN AIO  2013

LA CENA di Giuseppe Manfridi Regia Claudio Boccaccini

con:      Antonio Conte ( il Padre)

e con :  Simone Crisari ( Francesco)

Francesca Grilli ( Giovanna)

Fabio Barbieri ( Fangio)

Nell’arco di una cena vissuta dagli spettatori in presa diretta viene giocata una partita estrema, spettacolare e sconvolgente. E dire che avrebbe dovuto essere “ una cena tranquilla”, come dichiara al servo Fangio il padrone di casa, apprestandosi a rivedere dopo sei anni sua figlia e a conoscere il ragazzo che lei ha scelto di sposare. Ma troppi misteri avvincono i commensali: a ogni pietanza si troveranno sempre più coinvolti in una tensione insostenibile.

Spettacoli dal martedì al sabato ore 21 – domenica ore 17:30

DETTAGLI, PREZZI E PROMOZIONI SU   www.ilteatrodelleccesso.it

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