Michelstaedter, una magnetar

Michelstaedter, Pavese, Gadda, le prime tesi a Rebibbia con Tor Vergata

A luglio si sono laureati i primi quattro studenti del progetto Rebibbia-Tor Vergata.

E’ stata una cerimonia toccante nel teatro del carcere. Nel cortile, dove si incontrano con le famiglie una volta al mese, una bella festa. Sembrava lo spazio dell’isola dell’utopia. Quella del cuore umano, con i suoi chiaroscuri.

Tre tesi discusse con me: Giuseppe Gambacorta: Pavese in bianco e nero, Francesco Zuccheroso, Prigioniero del garbuglio. Carlo Emilio Gadda, Alban Bardhi, Michelstaedter, una magnetar. Riporto le conclusioni di questa ultima tesi. LA quarta tesi, di FRancesco De Masi sull’Abate Martino, con l’amico Carmine Chiodo. Alban, tra i migliori allievi del gruppo, è stato trasferito una settimana prima della discussione in Albania, suo paese d’origine. Con molta prontezza e sacrificio, il garante dei detenuti, Angiolo Marroni è volato in Albania e ha permesso la discussione della tesi in teleconferenza. Ciao Alban, ti auguro di leggere queste righe tra pochi mesi, in libertà!

Nel corso della mia preparazione universitaria ho riscontrato materie e temi che hanno lasciato in me un interesse indelebile e una sete di conoscenza mai provato prima. Studiando storia, geografia economica e politica, le più svariate forme di filosofia antropologica, letteratura e sociologia, senza dubbio ho riempito un vuoto immenso nella mia formazione, ma l’incontro faccia a faccia con Michelstaedter mi ha fatto capire che l’uomo non è mai sazio del sapere. La figura di Carlo mi è parso come il vaso di Pandora, dove potevo prendere svariati concetti con i quali potevo dare risposta alle mie tante domande, ma anche un viaggio verso l’ignoto ed è proprio l’ignoto che spinge la curiosità a riempire il contenuto del sapere. Non è possibile fare i conti con Michelstaedter se non facendo nel contempo i conti con se stessi, come capita all’Alcibiade platonico quando si ritrova messo con le spalle al muro dalle parole di Socrate: chiunque le ascolti, spiega Platone, non può non rimanere turbato e posseduto, anzitutto perché esse ci chiamano in causa in prima persona e ci costringono ad ammettere che non ci prendiamo adeguatamente cura di noi stessi e che badiamo assai più alle cose esteriori che alla qualità della nostra esistenza, trasferendo il senso della nostra vita al di fuori di noi stessi e consegnandola alle cose e alle faccende della quotidianità inautentica.
Un intenso e lucido passaggio del Dialogo della salute, scritto estremo tra tutti quelli di Michelstaedter.
Dal terrore indefinito, in ogni modo la paura della morte cerca una cosa precisa sulla quale appoggiarsi per farsene uno schermo al niente che ti stringe – cerca qualunque cosa pur che sia, anche un piano di suicidio… Intanto cosi ci si racconsola, ci si distrae; – e poi si ricomincia – sempre più avanti. Ma no, bisogna venir a una conclusione, o si o no. Allora kalòn èsti diaporein – è bello il soffrire e il lottare- allora hai in mano la vita: allora è bella la forza – e l’uomo deve tener raccolta la sua vita. Se allora egli si distare è nuovamente perduto – che s’è rimesso nel giro delle cose consuete a cercar di fuori la vita che gli mancava, o s’è cullato nel sogno. Allora convien guardar in faccia e sopportar con gli occhi aperti l’oscurità e scender nell’abisso della propria insufficienza: venir a ferri corti colla propria vita. O vivere o non vivere.
“O si o no”. “O vivere o non vivere”. In primo piano, come si capisce, c’è anzitutto la responsabilità dinanzi a se stessi in un mondo che sembra sempre di nuovo sul punto di dissolversi. In gioco, in quella lotta, c’è la possibilità di essere fino in fondo se stessi non arretrando dinanzi a nulla, nemmeno (anzi: soprattutto) di fronte alla morte; in gioco c’è la possibilità di vivere pienamente il presente, anziché disperdersi nelle distrazioni del quotidiano e inseguire i miraggi del futuro, perdendo di vista chi siamo e consegnandoci al niente e a una morte che è già qui, in quella parodia di vita che per lo più trasciniamo quotidianamente senza renderci conto che non stiamo vivendo affatto: “la morte nella vita”, come si legge nei versi del Canto delle Crisalidi . Questa responsabilità alla quale Carlo Michelstaedter richiama ciascuno di noi, è coessenziale all’esercizio della filosofia autentica, ossia alla possibilità, peraltro sempre a rischio di vivere in modo persuaso.
Questo versatile giovane ha percorso in ventitré anni di vita più di duemila anni di cultura e conoscenza. Carlo nasce e fa le sue prime conoscenze in un straordinario periodo pieno di cambiamenti, periodo sconvolto dalla seconda rivoluzione industriale, dall’impressionismo artistico e letterario, da psicoanalisi di Freud, dal socialismo scientifico di Marx incentrato sul materialismo, dalla negazione dell’esistenza della verità assoluta di Schopenhauer con il suo relativismo e di una multiple quantità di pensieri filosofici come il verismo, il razionalismo e l’esistenzialismo. Carlo vuole sentire e vedere la realtà in una ottica totalmente diversa da quella tradizionale. La sua ricerca di ciò che sta oltre la razionalità ha inizio nella sua città, Gorizia, un posto epico e multiculturale con il suo trinomio linguistico che sicuramente influenzò a Carlo ad ampliare le sue conoscenze sociologiche e culturale. Il periodo e il contesto sociale dove si svolge la vita di una persona incide profondamente nel comportamento, formazione culturale e negli obbiettivi che costui persegue. Il contenitore epocale e sociale può essere considerato simbiotico con la nostra esistenza. Noi siamo abituati e abbiamo imparato nella nostra formazione scolastica a dividere la storia in periodi come l’età antica, il medioevo, l’umanesimo, il periodo rinascimentale, l’età moderna e l’età contemporanea. Questi concetti sono stati addottati da tutta l’umanità, ma tendenziosamente. La tendenziosità è una delle principali ragioni del perché esiste nel nostro tempo questa enorme differenza economica, sociale e culturale. Prendiamo un esempio recente, il grande pittore nordamericano Pollock. Da molti critici dell’arte veniva considerato un drogato, una nullità e uno squilibrato mentale che realizzava le sue opere sotto l’influenza dell’alcol. Chi è stato in realtà Jackson Pollock e che è stato del suo espressionismo astratto? Lui è considerato attualmente l’unico artista in grado di plasmare nelle sue opere la natura in tutta la sua complessità e semplicità. Le sue opere sono straordinariamente simmetriche e oggi solo grazie ai più sofisticate sistemi computerizzati è possibile riprodurre il suo arte. Un suo lavoro ha il primato come l’opera d’arte più costosa di tutti i tempi venduta al straordinario prezzo di 150 milioni di dollari. Pollock in tutta la sua eccentricità è stato uno che non si è lasciato influenzare dalla società, anzi, il suo andamento artistico è stato contro corrente, come la corsa dei salmoni. La sua vita era basata nella profonda consapevolezza di essere diverso e di poter arrivare alla conclusione anche con dei mezzi esterni, astratti e concreti, come l’ombra , il silenzio assoluto e l’alcol per raggiungere la pace interiore attraverso la quale poteva esternare i suoi meravigliosi sentimenti. Che possiamo dire adesso di quelli critici che svalutavano il suo lavoro? Il caso di Pollock non è l’unico, anzi, per secoli e secoli questa storia di screditare il prossimo si è ripetuta ciclicamente. Altro esempio eclatante è La Natività Mistica di Botticelli venduta nella seconda metà del 800 per solo £80.00 sterline, perché per i critici del tempo il suo lavoro era rudimentario e privo di pathos. Con questo epilogo voglio chiudere il mio lavoro sull’effimera vita di Michaelstadter, che come tanti altri artisti, letterati, filosofi o scienziati è stato lasciato in ombra per volere della classe dirigente ormai adattata pienamente alla sufficienza.
Non è stato facile a seguire i suoi sbalzi caratteriali, il suo pensiero può sembrare lineare, ma in verità è una rete di cui non posso escludere il fatto di essere rimasto incastrato. Il suo pensiero somiglia ad un labirinto che solo chi è audace e determinato riesce ad uscire senza essere sconvolto dalla verità che trova.

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