Sull’atroce morte di Pasolini si è scritto tutto; ma sulle ragioni per cui egli non ha potuto non andarle incontro, penso quasi nulla. Cosa lo spingeva, la sera o la notte, a volere, a cercare, quegli incontri? La risposta è complessa, ma può agglomerarsi credo, in un solo nodo, in un solo nome: la coscienza e l’angoscia di essere diviso, dell’essere soltanto una parte di una unità che, dal momento del concepimento non è più esistito; insomma la coscienza e l’angoscia dell’essere nati e della solitudine che fatalmente ne deriva. La solitudine, questa cagna orrenda e famelica che ci portiamo addosso da quando diventiamo cellula individua e vivente che pare privilegiare coloro che, con una aggettivo turpe e razzista, s’ha abitudine di chiamare diversi …..
E si resta lì, soli, prigionieri senza scampo, dentro la notte che è negra come il grembo da cui veniamo e verso il nulla verso cui andiamo; comincia a crescere dentro di noi un bisogno d’infinito e disperante di trovare un appoggio, un riscontro; di trovare un qualcuno, un qualcosa che ci illuda, forse solo per un momento, di poter distruggere e annientare quella solitudine; di poter ricomporre quell’unita lacerata e perduta …
Mettere di fronte a queste disperate possibilità e a queste disperate speranze il pericolo, fosse pure quello della morte non ha senso. Io penso che non s’abbia neppure il tempo per fare questi miseri calcoli; tanto violento il bisogno di riempire quel vuoto e di saldare o almeno fasciare quella ferita…
Si parte; e non si sa dove s’arriva. Per sere e sere, una volta avvenuto l’incontro, l’illusione ripresi pita in se stessa. Ma nella liberazione fisica s’è ottenuta una sorta di momentanea requie; o pausa; o riposo. La sera dopo tutto riprende; giusto compre riprende il buio della notte.
La vicinanza della morte chiama ancora più vita: e questo più o troppo di vita che cerchiamo fuori di noi, in quegli incontri, in quegli occhi, in quelle labbra, non fa altro che avvicinare ulteriormente la fine. Così chi ha voluto veramente e totalmente la vita può trovarsi più presto degli altri dentro le mani stesse della morte che ne farà strazio e ludibrio. A meno che il dolore non insegni la ‘via crucis’ della pazienza. Ma è una cosa che il nostro tempo concede?”. E a prezzo di quali sacrifici, di quali attese, di quali terribili e sanguinanti trasformazioni o assunzioni di quegli occhi e di quelle labbra?
Grazie per il vostro articolo, mi sembra molto utile, proverò senz’altro a sperimentare quanto avete indicato… c’è solo una cosa di cui vorrei parlare più approfonditamente, ho scritto una mail al vostro indirizzo al riguardo.