Una sorprendente vitalità: scuola, caffè, gas, cooperative sanitarie. Leggete Vita di febbraio!

Tra i tanti eventi significativi descritti, invitando alla lettura di tutto il numero di Vita in edicola, mi piace riportare l’incipit dell’articolo dell’amico Giuseppe Milanese presidente della Federazione Sanità: La cooperazione sociale è già a domicilio. Ma…

La mission della cooperazione in sanità è rompere le scatole. La cooperazione sociale non si stanca di “rompere” con uno scopo ben preciso: rispondere al bisogno della popolazione, per evitare, tra l’altro, che questa finisca nelle mani di operatori – quelli del tutto profit – che su questo bisogno decidono di guadagnare.

Più delle parole, parlano però i fatti concreti, le foto in questi articoli!

Ecco l’articolo di Boeri che trovate su WWVita.it

La scuola, le mille e mille scuole italiane sono – prese tutte insieme – la più grande infrastruttura sociale del nostro Paese. Altro che aeroporti, autostrade o viadotti. Le scuole sono dappertutto; e dappertutto accolgono la trasmissione del sapere, l’incontro tra le generazioni, lo scambio di culture e linguaggi.

Per questo, a ben pensarci, alla faccia di ogni elucubrazione sul concetto di “bene comune”, nulla lo è più della scuola. Perché le scuole tengono unite le famiglie, intrecciano le biografie, costruiscono il futuro lavorando sul passato e accompagnano i flussi del presente: milioni di studenti, insegnanti, genitori che ogni giorno si incontrano scambiandosi idee, emozioni, memorie, aspettative.

Eppure la scuola resta un luogo verso cui la politica ha un atteggiamento schizofrenico: la trascura o la investe di progetti faraonici, che in ultima analisi non sanno dar conto della sua situazione reale. Che è drammatica – edifici in grave stato di degrado, servizi e strutture insufficienti, poco coordinamento, un corpo docente mai valorizzato come meriterebbe – ma anche pullulante di energie. Sarebbe meglio ascoltare, tastare il polso al mondo della vita che ogni mattina scorre nei mille e mille edifici di quello che invece si continua a intendere come un “sistema scolastico”, quasi fosse un protocollo di procedure e regole e ruoli e costi da tenere sotto controllo e normare.

In queste pagine si racconta che la scuola italiana – malgrado tutto, anzi contro ogni previsione – è viva. Viva e aperta. Una vitalità ancora circoscritta a pochi casi, che nasce come forma volontaria e appassionata di auto-organizzazione: non ci sono fondi, non ci sono servizi, non c’è personale… bene ci pensiamo noi. Noi presidi, noi genitori, noi insegnanti, noi membri del personale non docente, noi studenti. Insieme ci rimbocchiamo le maniche e agiamo.

E la prima cosa per agire è aprire la scuola a un tempo di vita nuovo. Aprirla nelle altre ore del giorno, negli altri giorni dell’anno, per tutte le età e tutti: nonni, giovani, associazioni di quartiere, imprese creative, istituzioni. La scuola aperta è semplicemente un nodo della nostra società che riprende a pulsare insieme alla vita che scorre al suo intorno. Si organizzano corsi per insegnare l’italiano a chi cerca un’integrazione e l’arabo o il cinese a chi cerca un’internazionalizzazione. Si ospitano incontri, discussioni, dialoghi per le associazioni che non hanno un luogo. Si aprono le porte a chi cerca uno spazio per far nascere un impresa sociale e culturale. Si accolgono i circoli di lettura e si organizzano corsi per esplorare le più intriganti, bizzarre, estreme regioni del sapere.

La scuola aperta è un immenso patrimonio immobiliare che si mette a disposizione delle energie diffuse delle nostre città, dei nostri paesi, dei nostri quartieri. Un monte-ore immenso e un gigantesco caleidoscopio di spazi che si offrono alla società. Un patrimonio che genera valore aggiunto da reinvestire nella scuola stessa. Perché gli introiti dei corsi e degli affitti vengono usati per coprire i costi straordinari di gestione e a volte aiutano a supplire l’assenza e i ritardi dei finanziamenti pubblici. E con i soldi ricavati dalle ore in più si riparano bagni, si rifanno gli intonaci, si pavimentano le palestre, si aggiornano gli arredi e le attrezzature tecniche.

Ma la scuola aperta è anche un investimento di energie volontarie ed entusiasmo (una risorsa rarissima e potente) che genera capitale sociale. Cioè relazioni, amicizie, reti di comunità, conoscenze, progetti, ottimismo, aspettative e sfide comuni. La scuola aperta è il sensore di un Paese che ha ritrovato il gusto per l’altruismo e che ha capito che la sua forza sta in un’energia molecolare, diffusa ovunque e profonda. Quella profonda utilità, quella profonda necessità sociale, che non hanno le grandi infrastrutture isolate ma proprio le reti puntiformi che coprono il territorio e sentono la vita quotidiana.

Quello che oggi si chiede alla politica, ai sindacati di categoria, alle istituzioni è di guardare con attenzione la scuola, valorizzarne le buone pratiche e generalizzarne il formato. Perché nelle scuole che ogni ora, ogni giorno si aprono c’è un energia che ha solo bisogno di essere riconosciuta e non guardata con sospetto. L’autonomia scolastica consente oggi di incentivare le sperimentazioni, di creare un Forum nazionale delle Scuole Aperte che raccolga le esperienze più avanzate, di facilitare la creazione di associazioni, consorzi, imprese sociali che ci aiutino a gestire questa nostra preziosa infrastruttura diffusa. Cosa aspettiamo?
Su VITA in edicola un viaggio alla scoperta delle tante scuole che stanno innovando e sperimentando nuovi modelli.

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