Un passaggio fondamentale e la conclusione del bellissimo saggio di Frare La via stretta. Vendetta, giustizia e perdono nei «Promessi sposi, in GIUSTIZIA E LETTERATURA II, a cura di Gabrio Forti, Claudia Mazzucato, Arianna Visconti, Vita e Pensiero, Milano, 2014

La realizzazione della giustizia passa attraverso il perdono (Pierantonio Frare legge l’attualità del tema della giustizia in Manzoni)

Manzoni relega spesso in poche parole, in una parentetica, in brevi frasette, degli snodi fondamentali.
In questo capitolo, la parola perdono è già stata pronunciata, ma in due righe che lo scarico emotivo che segue alla tensione del duello rischia di far passare inosservate. Seguiamo allora quel padre cappuccino «il cui impiego particolare era quello d’assistere i moribondi». Egli va sul luogo del duello e, tornato in convento, dice così a Lodovico: «Consolatevi […]: almeno è morto bene, e m’ha incaricato di chiedere il vostro perdono, e di portarvi il suo» (PS, IV, p. 73).
La notizia, che pure provoca nell’animo di Lodovico «dolore dell’amico, sgomento e rimorso del colpo che gli era uscito di mano, e, nello stesso tempo, un’angosciosa compassione dell’uomo che aveva ucciso», sembra rimanere senza eco immediata nel giovane, tanto che egli subito chiede notizie dell’altro, cioè del suo servo Cristoforo. In realtà, il perdono chiestogli e concessogli dal suo ex nemico agisce dentro di lui: prima lo porta all’azione più facile, cioè a chiedere perdono alla vedova di Cristoforo, poi, dopo qualche giorno, all’azione più diffi cile: chiedere perdono al fratello dell’ucciso. Insomma, può apparire paradossale, ma fra Cristoforo può chiedere perdono – e ottenerlo – perché è già stato perdonato; ed è stato perdonato dal suo nemico, divenuto nel frattempo sua vittima. L’imitazione mimetica che era all’origine del duello (e quindi dell’omicidio) continua a funzionare, ma si è rovesciata da negativa in positiva.

Don rodrigo lazzaretto

Il desiderio di perdono del signor tale, il quale chiede a Lodovico di perdonarlo («mi ha incaricato di chiedere il vostro perdono») e la totale gratuità del perdono di lui («e di portarvi il suo [perdono]») agiscono come molla per la nascita in Lodovico del medesimo desiderio di essere perdonato. Qui Manzoni mostra in atto, con la sua consueta apparente semplicità, un dato teologico fondamentale: fra Cristoforo può chiedere perdono perché è già stato perdonato; e perdonato, con un atto gratuito e paradossale, dall’uomo che ha ucciso. Il perdono di Dio precede la richiesta di perdono dell’uomo; anzi, fonda la possibilità della richiesta. Lo snodo è importante, perché fra Cristoforo diventerà, nel romanzo, l’uomo del perdono: egli è passato dal desiderio di giustizia alla vendetta, fi no all’uccisione del nemico, e infi ne al perdono. È per questo motivo che egli potrà insegnare a Renzo a perdonare al suo nemico, a don Rodrigo.

Ma allora, c’è giustizia a questo mondo? Il narratore ci dice appunto che c’è, ma che bisogna stare attenti a non trasformare la giustizia in vendetta; e che la realizzazione della giustizia passa attraverso il perdono. Ciò non significa rinunciare ai propri diritti, bensì rinunciare ad affermarli con la violenza e con la forza, rifiutare di passare dallo status di vittima a quella di carnefice, rifiutarsi di riproporre una visione del mondo bloccata nella reciprocità di un’eterna alternanza tra soffrire e far soffrire. Il perdono che Renzo concede a don Rodrigo permette a Renzo di liberarsi dalla catena che altrimenti lo legherebbe in eterno al suo antagonista e permette al romanzo di rimettersi in moto e di procedere verso il matrimonio tra i due promessi sposi. Giustizia è fatta, finalmente: attraverso la forza liberante del perdono.

No Comments

Leave a Reply

Your email is never shared.Required fields are marked *