L’attore indagatore

Un proposta (in)credibile: Giorgio Taffon

Non esito a definire strepitosa l’idea alla base del romanzo di Giorgio Taffon, affermato drammaturgo, nonché storico del teatro e saggista, docente alla Terza Università di Roma. Lo stupore e l’incredulità del resto, nelle possibile e opposte accezioni, ossimoriche o coincidenti sul tessuto della meraviglia, sono già contenute nel titolo.

Un proposta (in)credibile.

La parentesi, a mio modo di vedere, consiste in un equilibrio che resta sull’orizzonte di quello che si rivela, parola dopo parola, non il “solito” dubbio totalizzante, paralizzante e soffocante, ma apertura luminosa al reale, consapevoli della fragilità umana, in cerca, “dentro l’inferno, di chi inferno non è”, citazione dal finale delle Città invisibili di Calvino, in cui si trova l’autentica, profonda “poetica” del libro.

Non è un qualsiasi commissario l’io narrante ( e nemmeno un Dante o qualche altra personalità antica in filoni oggi di moda) è semplicemente “un attore infiltrato”.  Un’abile questore ha pronunciato la “proposta incredibile” all’attore in cerca di lavoro e di ruoli da interpretare: in tempo di crisi, non potendo pagare e allenare altri poliziotti, è lecito rivolgersi a chi, per mestiere, sa recitare nei panni di qualcun altro. I momenti più commoventi del libro sono proprio quando l’attentissima, minuziosa, faticosa preparazione dell’attore si trova davanti, a tu per tu, al presunto colpevole: ora sono solo due uomini, due cuori, di fronte al destino. Bisognerà allora improvvisare, lasciarsi guidare dall’istinto, o dalla pietas, magari, per un bene superiore, infrangendo la fiducia dell’altro, per capirne il segreto, l’intima verità. Non si può barare, ogni gesto sbagliato sarebbe la rovina, o la condanna.

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