Il Sacro Monte di Varallo. Con gli occhi miei e di Testori

“Di guardare, di prender parte, qui non si finirebbe più”

Una notte e un giorno a Varallo, Valsesia. In treno da Novate Milanese a Novara e da Novara a Varallo. Mi riempiva di commozione il silenzio delle valli e quasi veniva anche a me di esclamare “Oh! Verde Lombardia!”. E il Sacro Monte.. solo ora comprendo le parole di Testori. E forse è la critica più bella quella che ti fa venir voglia di andare a vedere, di starci di fronte. E ora, a rileggere il Gran teatro montano mi torna addosso la maestosità della Valsesia, la sua nostalgia. È un invito questo post. A chi può, di andare a vedere con i propri occhi la dolcezza e l’amore di quei volti. E di mettersi sotto il loro getto di luce.

Immaginar Gaudenzio girar per il borgo; forse verso sera, deposti gli attrezzi nella Cappella, anno 1507, scendere, poco prima del crepuscolo, lungo il Sesia, quando le ombre cadon giù dalle cime dei monti sul fiume e sulla piana, e guardare il super parietem e immaginarsi, immaginare; sentirsi crescere in cuore l’idea di un teatro là dove, fin lì, non erano che cappellette, e proprio con la forza con cui glielo chiedeva la voce del suo popolo; mentre qua e là, nei boschi del super parietem, si accendevano le lanterne, e le donne, tenendosi stretti i figli, attraversavano per l’ultima volta, in quel giorno, le strade, già vinte dalla paura degli spiriti che la notte, di lì a poco, avrebbe cacciato dai monti per tutte le vie burgi Varalli; lui, il calmo, dolce, concreto Gaudenzio, avvertire, senza nessuna vanagloria, d’essere al punto in cui tutta una tradizione antica e non mai espressa appieno si fa forma vivente, immagine matura, e per l’appunto teatro in plastica e colori, sì che nella vicenda d’una vita s’esprima, come in uno spettacolo, la tenerezza d’ogni nascita e il dolore d’ogni morte.

G. Testori, Il gran teatro montano

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