Il carcere è una realtà ignota di cui si parla molto (Enzo Fileno Carabba)

Se sieti arrivati fin qua

Quale tema migliore del viaggio può ricordare che la vita è mutamento continuo, e anche nelle situazioni più chiuse  e apparentemente senza soluzioni vale la pena di cercare un altro punto di vista dal quale guardare alla realtà?

Due i volumi di racconti dal carcere  a cura di Luciana Scarcia, L’attesa, racconti dal carcere, Roma, Herald, 2004, il secondo sul tema del viaggio, Carcere e viaggio: alfabeto e racconti di chi non può viaggiare, a cura di Luciana Scarcia, Acireale Bonanno, 2006. Introducendo questo secondo volume, diviso in quattro parti, L’alfabeto del viaggio, i viaggi di chi non può viaggiare, i luoghi non luoghi del carcere, i messaggi nella bottiglia, la Scarcia scrive, spiegando l’antiteticità tra la reclusione e il viaggio come stimolo al lavoro: “quale tema migliore del viaggio può ricordare che la vita è mutamento continuo, e anche nelle situazioni più chiuse  e apparentemente senza soluzioni vale la pena di cercare un altro punto di vista dal quale guardare alla realtà? Il viaggio è mobilità, è voglia di conoscere, di andare oltre, è l’esperinza in cui si realizza nel modo più immediato e concreto lo spirito della ricerca; quindi si può viaggiare anche dentro se stessi e la propria storia, magari per ricercare significati e percorsi nuovi. Ma esso è anche metafora della vita – dei suoi limiti di inizio e fine, della sua aspirazione a superare quei limiti, della sua essenza di trasformazione e cambiamento -, serbatoio di simboli a cui attingere per darle espressione. Per farlo c’è bisogno del linguaggio, ma di un linguaggio anch’esso diverso da quello abituale, che permetta di comprendere e rccontare ‘la gravità del mondo’ attraverso gli strumenti ‘leggeri’ della narrazione”. Un passaggio in assoluto importante è il seguente, rilevato con acutezza dalla Scarcia:

Attingere alle strutture e metafore del viaggio per rappresentare il carcere e le vite in esso recluse può apparire un paradosso, ma questo si addice particolarmente ad una realtà come il carcere: quello che dovrebbe essere un mondo a una dimensione. Dove le singole identità sembrano annullate, in realtà, se lo si conosce un po’, è popolato da tante individualità con storie e culture diverse.

Più avanti nella sua efficace introduzione, la Scarcia individua il ruolo educativo della scrittura, attività che mette in campo e forma:

capacità complesse, ed è strumento di conoscenza ed espressioni personali, costituisce, in un luogo come il carcere, un’occasione per alimentare il senso di dignità. Non è retorica definirla uno “spazio di libertà”, tanto più che l’uso del tempo per chi frequenta un corso di questo genere è davvero gratuito, nel senso che non offre particolari vantaggi.

Tra gli scritti questo breve e intenso di Giosy (Giuseppe Terraggitti) che, secondo la scheda finale del volume, dovrebbe aver scontato la pena e vivere libero, secondo le intenzioni di queste frasi. E’ un augurio e una sollecitazione per tutti:

Sono naufragato in quest’isola, un’isola tetra, piena di gente ma nello stesso tempo di solitudine. Non restano che il pensiero e l’immaginazione per evadere. Infondo all’orizzonte vedi un barlume di speranza: una nave che ti può portare in salvo, lontana lontana, ma non impossibile da raggiungere. Speri che quella nave si avvicini o che qualcuno trovi il messaggio nella bottiglia. In fondo, dalla mia solitudine qualcosa ho imparato e sono cambiato, ma adesso voglio essere salvato. Voglio tornare a casa per non naufragare più.

Dalla sezione messaggi in bottiglia, traggo quello di Bandolero, anche lui, secondo le indicazione delle schede, dovrebbe essere uomo libero dal 2011, dopo aver scontato 23 anni di carcere:

Al mio angelo custode:

Caro Angelo Custode,

innanzitutto grazie per tutto quello che hai fatto per me. Quando navigavo nell’oscurità ti ho chiesto aiuto e tu me lo hai dato; nella solitudine mi hai fatto compagnia; quando tutto era perso mi hai dato la fede, il sostegno indistruttibile della fede. Grazie a te ho trovato un po’ di luce nel cammino. In certe situazioni lasciavo che le cose mi crollassero addosso, ma arrivavi tu e mi sussurravi all’orecchio: “Alzati e cammina Lazzaro!”. E tutto diventava semplice. Mi hai insegnato che il mondo gira intorno al sole e all’amore e mi hai fatto conoscere la forza del mio stesso amore. Mi hai fatto guardar la vita con dolcezza e la morte senza paura, quando mi hai detto “La vita e la morte camminano insieme”. Mi hai fatto crescere interiormente e sono tornata a casa dal Paraguay grazie a te che mi dicevi. “Qua c’è la morte, là c’è la vita”. Senza di te la lotta per la vita non avrebbe avuto nessun valore”.

Tra i molti scrittori che hanno tenuto dei laboratori di scrittura, ci rimane una raccolta con la testimonianza di Enzo Fileno Carabba, nel volume edito dalle Lettere di Firenze nel 2005, Se siete arrivati fin qua. Racconti dal carcere, a cura dello stesso Carabba e Paola Nobili. Mentre il volume Volete sapere chi sono, racconti dal carcere, Oscar Mondadori, 2011,  a cura di Antonella Bolleli Ferrera presenta racconti di detenuti in collaborazione con scrittori affermati, quali Erri De Luca, Franco Cordelli, Edoardo Albinati e altri. Fresco di stampa il secondo volume della serie, questa volta edito dalla Rai-Eri, sempre a cura della Bolelli Ferrara, Siamo noi, siamo in tanti. Il volume di  Davide Pinardi, Il ritorno di Vasco e altri racconti dal carcere, Marcos & Marcos, Milano, 1994, raccoglie una serie di racconti di uno dei maggiori giallisti italiani, capace di cogliere “con la semplicità e l’efficacia dell’esperienza diretta l’altra faccia, quella meno amara, di un inferno vicino eppure sconosciuto.

No Comments

Leave a Reply

Your email is never shared.Required fields are marked *