Ungaretti a Paestum e Pompei

Un sasso e la luce che non consuma

“Nel cuore della pietra brucia la luce che non consuma”.

Quattro anni dopo aver composto gli Inni cristiani, con la celebre Pietà, in piena meditazione su Roma, Michelangelo e il Barocco, Ungaretti visita le rovine di Paestum e degli altri siti archeologici della Campania, avendo presente ancora queste immagini: lo precisa in una affermazione contenuta nelle note al Recitativo di Palinuro della Terra Promessa, come ricorda Giuseppe De Marco, (Le icone della lontananza. Carte d’esilio e viaggi di carta, in particolare Viaggio nel mezzogiorno di Ungaretti, Roma, Salerno, 2008) fine interprete di questi reportage ungarettiani che si «configurano come abile amalgama di prosa d’arte ad elevato contenuto di creazione metaforica». Scriveva in quella nota Ungaretti, ora raccolta nella mondadoriana Vita d’un uomo, Tutte le poesie: «La sesta sestina e la terzina di chiusa narrano disperatamente il trasformarsi di Palinuro nell’immortalità ironica d’un sasso. Come nel mio vecchio inno La Pietà la chiusa ci indica un sasso, ad indicare la vanità di tutto, sforzi, allettamenti: di tutto che dipende dalla misera terrena vicenda dell’uomo». Sasso, nel senso ossimorico di durata, pesantezza, sensazione di scorrimento rispetto ad una materialità o ad un’indifferenza cosmica, ad un dolore. Anche per questo, Ungaretti ammira e si commuove davanti alla testimonianza delle vita umana del passato, scorgendone tracce autentiche nelle “pietre” del passato.

Struggente in questo senso, nella serie degli articoli dedicati al Mezzogiorno, per la “Gazzetta del popolo”, dal 12 aprile del 1932 al 19 luglio dello stesso anno, poi rifluiti in Il deserto e dopo, il reportage su Pompei, dal titolo In sogno e dal vero, con versi poetici contaminati nella prosa d’arte, Ungaretti descrive «un momento antico per il quale il tempo incomincia appena ora a trascorrere», quasi sotto l’insegna di un negozio: «Sono di là, torno subito». Da quei luoghi, fermi in una eternità di giovinezza, Ungaretti scrive di comprendere il fascino romantico per le rovine, in poeti e scrittori turbati dalla necessità di ringiovanire le società umane. Amavano non le rovine appena scavate, ma quelle sedimentate dal tempo, dove la natura selvaggia vi mischiava il suo impero: la bellezza di un luogo antico non è nelle mutilazioni (pur poetiche) ma è dovuto a quel restauro che la natura su di esse eseguisce. I termini del vuoto e del pieno, rifluiranno, nella prima prosa della serie, nella epifania di Elea (vedi post precedente su Lido Paradiso), la mitica patria cercata da Senofane di Colofone e da Parmenide, che vi cercavano, viaggiatori della conoscenza, l’essere e non più le apparenze, trovandoci, probabilmente solo una sublime illusione. La meraviglia di fronte alle rovine viene espressa nei termini più elementari.

E’ dunque questa, Elea, città fondata dai fuggiaschi, è dunque questa, Velia, verso cui Cicerone fuggiva quando fu ucciso? Un colle e, su, un castello come una gran carcassa di gallo tra due torri – e null’altro? […] questa è Elea, oh, città assente! O tu Senofane rapsodo, che qui approdavi dalla Jonia invasa, della tua opera non restano frammenti più vasti di queste schegge di terrecotte del primo e del quarto secolo che a piene mani posso raccattare salendo?

A questo bruciante quesito, così largamente condivisibile anche per un turista qualunque, in qualunque dei nostri anni e dei nostri siti archeologici, il poeta sceglie di aggiungere due simboli: il sublime della leopardiana ginestra, l’umile della rapa, vicina all’umile e ripetitivo lavoro “meccanico” del contadino:

Arrivato giù, m’accorgo che sul pendìo ci sono in fiore anche le ginestre e gli asfodeli. Potevano mancare tra le rovine? E laggiù, c’è in fiore una tavola di rape, gialla come le ginestre: ma festosissima.

Non scordiamoci un’altra valenza della pietra, citata di scorcio nel reportage da Palinuro: il compagno di Enea ha forse guardato in faccia la Medusa, trasformandosi in minerale e cadendo irrimediabilmente nelle acque? Il mito ci parlerebbe di rovine di pietra in cui si cristallizza l’attenzione di uomini sfuggiti a quello sguardo, ma comunque ritrovatisi nella atrofia di un divenire incessante e implacabile.

Giuseppe De Marco ha voluto intitolare il paragrafo dedicato alla «rosa di Pesto» nella memoria ungarettiana, mettendo in rilievo uno dei sintagmi più suggestivi della intensa creatività metaforica di questi reportage: «nel cuore della pietra brucia la luce che non consuma». Così di Paestum dove permane un «sogno di morte che dura fatica a sciogliersi»:

Ai lati c’è invece il senso tragico del deperire: colonne vuotate dai lunghi anni con i labirinti della carie; e hanno un aspetto di funghi rugginosi, e anche di mummie tolte dalle fasce. Ed allora girandogli intorno, l’uomo raggiunge l’ultimo limite dell’idea del suo nulla

Appare naturale a Ungaretti che questa idea sacra del costruire si sia dilatata in terre dove la terra trema al cospetto del vulcano «dove è il cielo più impassibile, dove la natura, non mai domabile, insegna all’uomo, benefica nemica, come si lotta». Per Paola Montefoschi, che ha curato il volume delle prose di viaggio sempre per i Meridiani Mondadori:

Ungaretti tocca toni biblici e disegna nelle pagine di questa sua prosa uno stemma: la celebre ed effimera rosa di Pesto, preda dell’estate violenta, sullo sfondo delle secolari rovine, animate da un fuoco segreto e scampate dalla corrosione del tempo. Icona del “senso tragico del deperire” e dell’instancabile ciclo di rinascita.

I versi citati appartengono al poema anonimo, da qualcuno attribuito a Virgilio, Carmen de rosis nascentibus, e rispondono ai due elementi acutamente sottolineati dalla Montefoschi. Il commento di Ungaretti riporta direttamente a liriche come Danni con fantasia e alla Pietà: le «cose seducenti» passano e la misura, senza «misericordia» le fa apparire allo sguardo del turista, del poeta, del viaggiatore, transeunti e fragili, d’una «impassibilità agghiacciante»: «venga dal numero o venga dal sogno, la bellezza può non essere orrenda?».


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