Non è l’ultima verità, il diluvio. Guai però a simulare, guai a chiudere gli occhi

Ma quali nuove regole!

Ma quali nuove regole. Serviranno forse a consolidare potere e ricchezza di chi li aveva ancor prima. Si ricostituiscono i governi, le potenze e queste cose qui. E sotto la coltre delle regole si ricuce il potere. Sì, il potere economico e quello che ne deriva ricuce la sua trama.

Parole durissime di Giovanni Testori a Renato Farina, in una delle ultime interviste (“Il sabato” , 5 dicembre 1992) reperibile nel volume La maestà della vita.  La data, 1992, è di quelle fondamentali, con l’inizio di tangentopoli. Vent’anni dopo siamo ad un’altra svolta? Sono profetiche le parole di Testori, o meglio, sempre attuali? Direi proprio di sì.

Il discorso sul potere prende l’avvio sulla parola “crollo”, un disastro ancora più profondo di quello del comunismo e del marxismo, dato dal consumismo e dal capitalismo. Nessuno lo riconosce (non lo può o non lo sa riconoscere), si nasconde bene, questo crollo, dietro, magari “mesi di allarmi: e si è detto che basta, bisogna cambiare. Ma cambiare che cosa? Che cosa? Tutto meno il punto su cui c’è il crollo”. Poco prima, con grande realismo, Testori aveva però detto a Farina che “uno può dire disastro, con piena coscienza, perché sa che non è l’ultima parola, conosce il trionfo di Cristo nel disastro. Non è l’ultima verità, il diluvio. Guai però a simulare, guai a chiudere gli occhi”. A Farina che gli chiede su “le regole elettorali: sembra che stia tutto lì. Un ritocco lì, e ci si salva”, Testori risponde con la frase citata in apertura e continua:

Ma quali nuove regole. Serviranno forse a consolidare potere e ricchezza di chi li aveva ancor prima. Si ricostituiscono i governi, le potenze e queste cose qui. E sotto la coltre delle regole si ricuce il potere. Sì, il potere economico e quello che ne deriva ricuce la sua trama. E quando questa passerà usciranno ancora i topi con una pellicetta nuova, quella che prima si erano indicati e maledetti come responsabili, loro o i loro continuatori. E tutto, ahimè, se non si sta più che all’erta, all’erta come si faceva nei tempi antichi, coi soldati messi sulle torri: all’erta per indicare a tutti i pericoli e le nuove menzogne che sono poi le stesse di prima ricolorate un poco. Se non si vigila, torneremo a rifare un’altra forma di potere, uguale nella menzogna, forse più codardo.

E più avanti, dopo aver attaccato il potere egoistico delle banche che strangolano i diritti dei più poveri, degli operai e dei malati (“devono cominciare a sequestrare quelle cose lì, le barche, gli orpelli immondi dei grandi patrimoni, incidere lì, quei bubboni di grasso. Altro che tirar fuori i soldi dalle buste degli operai. Non li vogliono toccare quelli là. Faranno finta di stringerli un po’ quando questi avranno trasportato tutto in altre zone, al sicuro”), dichiara:

I schiurì, i ricchi, sempre a posto, loro. La cosa che mi fa male e che ci sono poche voci, anzi tacciono tutti […]. Non pretendo che si tiri fuori qualcosa di costruttivo, ma che almeno si guardi le infezioni, la loro origine, con sincerità.

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