E anche gli indios protestano a voce alta!

Notizie dal Brasile di Alessandro Mantovani (ancora il 17 giugno): richieste pacifiche e mano dura della polizia

La protesta scatenata dall’aumento delle tariffe degli autobus in Brasile si estende.

E’ opportuno precisare che, come dice il nome che si è dato, PASSE LIVRE, il movimento rivendica la gratuità del trasporto pubblico urbano.

Mentre continua in San Paolo il confronto tra manifestanti e polizia, il centro di Rio è invaso in questo momento dai manifestanti, che – dopo aver tenuto un atteggiamento pacifico lanciando fiori contro la polizia militare – hanno reagito ai tentativi di sgombero attuati con manganelli, bombe carta, , lacrimogeni, pallottole di plastica, una delle quali ha ferito uno studente ad un occhio. Alla violenza della polizia i manifestanti hanno riposto con lo stesso tipo di azioni che, in analoghe circostanze, erano state usate nei giorni scorsi dai manifestanti di San Paolo, con pietre e molotov, e appiccando il fuoco ai cassonetti delle immondizie.

Anche in Porto Alegre e Maceio oggi è stato giorno di manifestazioni contro il previsto aumento dei biglietti, e per domani un’analoga iniziativa è convocata a Florianopolis.

Mano a mano che il movimento si estende, il tentativo delle autorità e dei mezzi di comunicazione di presentare i manifestanti come vandali all’attacco del bene pubblico si sgretola.

A Rio in piazza sono presenti sindacalisti, lavoratori, indios. A San Paolo, basta una ricognizione sulle decine e decine di arrestati e fermati per smentire la tesi ufficiale: tra essi infatti non solo giovani e studenti, ma anche operai, impiegati, uomini e donne di qualsiasi età e di varia condizione sociale.

Ma il Brasile dell’erede di Lula, Dilma Jussef, ha per il momento scelto la linea dura: mentre le autorità dello stato di San Paolo dichiarano a più riprese sull’aumento del prezzo, il ministero dell’interno federale ha offerto il suo aiuto per reprimere il movimento.

E’ evidente che sul tavolo non c’è solo il prezzo dei biglietti, ma il crescente malcontento sociale.

TESTIMONIANZA DA SAN PAOLO IN AGITAZIONE

DALLA PAGINA FACEBOOK DI MARIANA BOTELHO

TRAMITE LA POETESSA BRASILIANA VERA LUCIA DE OLIVEIRA

. “Ritorno adesso dalle proteste nel centro di San Paolo; sono andato solo come osservatore, con due obiettivi: sapere chi sono gli attivisti e cercare di capire come è iniziata la violenza, ecco quanto ho visto e sentito:
1. Migliaia di giovani concentrati pacificamente in piazza Roosevelt, quando, senza alcuna ragione apparente, la polizia ha iniziato un intenso bombardamento. Gas lacrimogeni esplosi senza sosta, producendo scoppi molto forti e spaventosi. Mai visto niente di simile nel centro della città. Gli attivisti, almeno in quel momento, non hanno reagito. Molti si limitavano a gridare: “No alla violenza, no alla violenza!” Anche così, l’artiglieria continuava. L’aria è diventata irrespirabile e manifestanti hanno cominciato a disperdersi.
2. Sono corso verso la strada Rego Freitas, quando ho ricevuto le mascherine chirurgiche distribuite da ragazze e ragazzi che si trovavano di fronte al Collettivo Matilha Cultura […]

3. Quando sono tornato in strada, c’erano sacchi della spazzatura in fiamme e alcuni cassonetti rovesciati in mezzo alla strada per impedire l’avanzata dei reparti antisommossa. Mi sono diretto verso via Consolazione. Appena giunto […], ho visto una grande quantità di polizia motorizzata, che occupava tutta il percorso in direzione del quartiere. C’era un autobus imbrattato e abbandonato, ma non si è verificato alcun evento. Dispersi, gli attivisti si mescolavano a persone non sono coinvolti nel movimento. Ho camminato pochi metri lungo il marciapiede, quando mi sono imbattuto in un cordone di polizia molto stretto, che bloccava la strada. Più tardi, cominciarono ad esplodere bombe, senza che potessi vedere vedere cosa stava succedendo. L’aria si stava facendo di nuovo irrespirabile. Uno dei soldati si avvicinò a noi, che semplicemente camminavano, puntò al suolo una pistola con proiettili di gomma e gridò: «Disperdersi, disperdersi!” iniziando a sparare. Tutti fuggirono, naturalmente.
4. Senza essere in grado di perseguire per Consolazione, ho deciso di andare alla stazione della metropolitana di Santa Cecilia. Lungo la strada, molti giovani che parlavano in piccoli gruppi, senza polizia in giro. Quando sono entrato alla stazione, ho incontrato un fila enorme. Centinaia e centinaia di passeggeri stavano cercando di attraversare i tornelli. Siccome le strade circostanti erano bloccate, non rimaneva loro che prendere la metropolitana. Ho fatto un rapido calcolo e ho concluso che ci sarebbe voluto troppo tempo per salire a bordo. Ho deciso di salire a piedi il viale Pacaembu, dove ho finito per prendere un taxi.
5. I manifestanti che ho visto sono per lo più molto giovani, verosimilmente tra i 20 e i 25 anni. Sembrano appartenere alla classe media [in Brasile parlando di classe media si intendono anche i lavoratori, e non solo quelli che danoi sono i “ceti medi”; ndt]. Non ho visto quasi nessun brutto ceffo o scalmanato. Ho notato soprattutto il coraggio e la convinzione con cui affrontavano la reazione della polizia. Qualcosa di molto forte sembra spingerli, al di là della rivendicazione di trasporto pubblico. Continuo a non capire cosa sia. ”

14 giugno 2013 Testimonianza di Armando Antenore

DICHIARAZIONE DI OCCUPY BRAZIL SUI FATTI DA SAN PAOLO

“I giornali non diranno che ci sono state ore di manifestazione pacifica, dall’Avenida Paulista al terminale del parco Dom Pedro.
I giornali non dicono che la marcia ha seguito il percorso praticamente delimitata dalla polizia fino a rimanere intrappolata davanti al terminale.
I giornali non dicono che dopo aver chiuso una massa di 20.000 persone di fronte al terminal, le incompetenti forze di polizia dello stato di São Paulo hanno gettato lacrimogeni sulla folla, dando luogo ad una fuga precipitosa e mettendo la vita di molte persone in grave pericolo .
I giornali non mostreranno che il popolo tornò cantando, unito, col sostegno popolare dalle finestre degli edifici, con applausi e molto di più fino alla piazza del Duomo
Essi non dicono che mentre cercava di riunirsi di nuovo in piazza del Duomo, la gente è stata vigliaccamente attaccata dalla polizia antisommossa di fronte alla Cattedrale, senza alcun motivo apparente.
Non apparirà sui giornali che da quel momento i reparti di polizia hanno attuato una caccia indiscriminata verso ogni passante, andando ben oltre il semplice disperdere e controllare.
Sui giornali apparirà solo che la caccia ha portato all’arresto di un giornalista e di un fotografo dei media tradizionali.
Essi non contano i manifestanti feriti, picchiati dalla polizia, colpiti dalle schegge.
I giornali sapranno mostrare solo i poliziotti feriti, come se fossero stati attaccati.
Questi giornali parlano solo di atti di vandalismo, come se riassumessero tutta la manifestazione, dimenticando tutto il resto.
I giornali non mostreranno che il popolo era fuggito di nuovo, dalla Cattedrale verso la avenida Paulista, furioso per essere stato attaccato a tradimento davanti al MASP con trappole preparate nelle intorno in modo che il popolo non avesse nessun posto dove fuggire senza essere colpito dagli attacchi della polizia.
I giornali non diranno che tutto il vandalismo era diretto contro le banche e le proprietà che rappresentano lo stato.
Essi daranno una visione semplicistica, classificando l’agitazione come puro vandalismo senza scopo, nascondendo la reale motivazione di tale rivolta.
Non diranno mai che si tratta di una gioventù stanca dell’ oppressione dello Stato e della dittatura del sistema finanziario.
I giornali non dicono che la gioventù non ha altro futuro che quello di ammassarsi ogni mattina in scatolette per sardine a quattro ruote per recarsi ad un posto di lavoro frustrante, pagati con uno stipendio che a malapena basta per l’ alloggio e il cibo.
Non potranno mai dire che la speculazione ha cacciatoi lavoratori del grande centro, obbligandoli a ore di pendolarismo per raggiungere il posto di lavoro.
I grandi media non vogliono più per informare ma mantenere l’ordine nel sistema attuale, il cosiddetto ‘status quo’.
Violento sono i mezzi di comunicazione che non sono in grado di vedere l’essere umano quando quest’ultima non si confà ai loro interessi oligarchici.
Violenti sono i media.
Violento è questo sistema malato. ”

This is how democracy looks like.
IL BRASILE LA PARTITA NON E’ ALLO STADIO, E’ NELLA PIAZZA

Una pubblicità della Fiat Brasile, che passa alla TV in questi giorni di Confederation Cup, dice “Vem pra rua, vem pra rua, porque a rua é a maior arquibancada do Brasil!” (scendi in strada, scendi in strada, che è il miglior spalto da stadio del Brasile!”).

Parole profetiche, ma in senso assai diverso da quello atteso.

La presunta festa pre-mondiali della, i cui match sono cominciati in questi giorni nel gigante sudamericano, è sotto choc. In un paese dove il calcio è una religione interclassista e una forma di riscatto sociale, i brasiliani, sorprendendo il mondo intero, più che gli stadi stanno riempendo le piazze.

Oggi, il movimento nato San Paolo (la maggiore metropoli brasiliana) – movimento che fin dal primo giorno abbiamo commentato intuendone il valore al di là dell’iniziale tentativo di autorità e stampa di dipingerlo come “vandalismo” – ha vissuto il sesto giorno consecutivo.

E che giorno!

A San Paolo, finora capitale morale del movimento, 65 mila persone, divise in tre tronconi, hanno preso il controllo della città e, per la prima volta, di fronte all’ampiezza della manifestazione, la polizia si è limitata ad accompagnare i corteii, composti da studenti e lavoratori. Le autorità, come del resto la stampa, hanno a denti stretti dovuto mutare il loro atteggiamento di intransigenza, iniziando il dialogo. La capacità organizzativa dimostrata dai manifestanti – che distribuivano fiori e insistevano sul carattere pacifico della protesta – ha impressionato gli osservatori, tanto più se si considera che i partiti e le burocrazie sindacali sono praticamente assenti e totalmente colti di sorpresa.

A Rio la manifestazione nel centro della città ha raccolto ben centomila persone, che dopo un lungo corteo si sono riunite di fronte all’Assemblea Legislativa, dove vi sono stati scontri con la polizia e lanci di molotov.

Scontri vi sono stati anche a Belo Horizonte, dove il corteo ha riunito ventimila presenze.

A Brasilia, la capitale, cinquemila manifestanti hanno invaso – per la prima volta nella storia del Brasile – gli edifici governativi, stazionando sul tetto del Congresso Nazionale progettato dal “comunista” Oscar Niemeyer.

Diecimila a Belem, tremila a Maceió, cinque mila a Salvador de Bahia, cinque mila a Curitiba, diecimila a Porto Alegre. Questi i numeri delle altre principali città.

Cominciato come una protesta contro l’aumento del prezzo degli autobus urbani, è chiaro che il movimento sta assumendo un significato politico che si amplia ogni giorno mano mano che ne cresce l’estensione: gli slogan urlati dai manifestanti, da nord a sud del paese, sono contro le carenze del trasporto pubblico, della sanità, contro l’aumento dei prezzi – negli ultimi mesi l’inflazione ha rialzato selvaggiamente la testa – contro la corruzione dilagante in tutte le sfere dell’amministrazione dello stato e della politica, così come nel partito oggi la governo, coinvolto in una serie ininterrotta di scandali, contro lo spreco di denaro pubblico in opere i cui cantieri vedono lievitare i costi in corso d’opera e che non terminano mai. E persino – udite udite! contro le ingenti somme investite per la preparazione dei mondiali del 2014 – stadi, infrastrutture – e tolti, come affermano i manifestanti, ai veramente necessari investimenti nei campi dell’educazione e della sanità, tuttora estremamente al di sotto degli standard internazionali di una paese che si sente ormai appartenente al primo mondo.

Rimandando ad una prossima corrispondenza un’analisi più articolata dell’origine e del significato di un movimento che ha tutta l’aria di essere solo un inizio, e anche delle sue specificità, si deve intanto registrare che esso ha in comune con i movimenti degli indignados in Spagna, di Occupy negli Stati Uniti, e di piazza Taksim in Turchia, il fatto di essere composto prevalentemente – anche se non solo – da giovani scolarizzati distanti dai partiti e dai sindacati tradizionali.

Che una manifestazione contro gli sprechi in vista dei mondiali abbia avuto luogo oggi a Fortaleza proprio davanti all’hotel che ospita la nazionale calcistica brasiliana, è un sintomo di cambiamento di estremo interesse in un paese la cui identità nessuno finora ancora aveva mai immaginato potesse dissociarsi dalla “bola”.

“Vem pra rua, vem pra rua, porque a rua é a maior arquibancada do Brasil!”

Oltre che turchi, siamo tutti Brasiliani!

Alessandro Mantovani

Florianopolis 17 giugno 2013

No Comments

Leave a Reply

Your email is never shared.Required fields are marked *