verrà, forse già viene

L’immagine tesa

“L’«immagine tesa» dell’incipit è la mia persona stessa assunta nell’espressione del mio viso proteso non solo verso un annunzio a lungo sospirato, ma forse (confusamente) verso il Dulcis Hospes animae”.

Così Clemente Rebora spiega, molto più anziano, l’inizio della sua lirica più famosa. L’Ospite atteso «verrà, forse già viene”. Scrivendo a Eugenio Montale, Rebora – negli ultimi anni di vita – tornerà sul bisbiglio che chiude la lirica: «La voce di Dio è sottile, quasi inavvertibile, è appena un ronzio. Se ci si abitua, si riesce a sentirla dappertutto».

Dall’immagine tesa

vigilo l’istante

con imminenza di attesa –

e non aspetto nessuno:

nell’ombra accesa

spio il campanello

che impercettibile spande

 un polline di suono –

e non aspetto nessuno:

fra quattro mura

stupefatte di spazio

più che un deserto

non aspetto nessuno:

ma deve venire;

verrà, se resisto,

a sbocciare non visto,

verrà d’improvviso,

quando meno l’avverto:

verrà quasi perdono

di quanto fa morire,

verrà a farmi certo

del suo e mio tesoro,

verrà come ristoro

delle mie e sue pene,

verrà, forse già viene

il suo bisbiglio.

No Comments

Leave a Reply

Your email is never shared.Required fields are marked *